“Gesù esorta anche noi a non rifuggire la nostra croce, ma a prenderla su di noi ogni giorno , trasformandola in un cammino di amore e di vita “.Venerdì Santo 2024, l’omelia dell’abate Donato.
VENERDÌ SANTO 2024.
Il racconto della Passione ci ha narrato lo scontro finale di Gesù con l’impero delle tenebre, mostrandoci il Signore umiliato, disprezzato, ricoperto di percosse e infine crocifisso. Tuttavia, accanto a un naturale sentimento di pietà e di compassione avvertiamo in noi spontaneamente anche un immenso debito di riconoscenza. Come dice, infatti, il profeta Isaia nella prima lettura a proposito del Servo sofferente, figura del Cristo, «egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori (…) per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,4.5)
Ma come far sì che questa sofferenza vicaria di Gesù, che anche oggi raggiunge ciascuno di noi, non sia vanificata, ma ci guarisca e ci salvi? Il primo passo, indicatoci dallo stesso Gesù, è quello di perseverare fiduciosamente nelle prove della vita sostenendo il nostro cammino con la preghiera.
Come abbiamo sentito, il racconto giovanneo della Passione ha esordito dicendo che, uscito dal cenacolo, Gesù si è diretto con i suoi discepoli verso l’orto degli ulivi. Ci va spinto da una ragione precisa e impellente, come seguendo una strada interiore a lui familiare. Ci va, infatti, per incontrare, per l’ultima volta, il Padre suo e abbeverarsi del suo amore attraverso l’intimità e la solitudine della preghiera.
Fortificato da quell’incontro Gesù può ora affrontare e vivere la “sua ora” decisiva, l’ora della verità e dell’amore, l’ora del dono totale di sé, che la morte di croce avrebbe suggellato. Sì, perché là, dove il male sembrava trionfare, Gesù contrappone – drammatica e solenne – la forza dell’amore che salva. Le parole che egli pronuncerà prima di spirare: «Tutto è compiuto», alludono proprio alla vittoria dell’Amore di Dio sul Maligno, vittoria il cui cammino – nonostante la presenza del male nel mondo sia palpabile – continua inarrestabile nel tempo e nella storia fino alla manifestazione definitiva del Regno di Dio alla fine dei tempi.
È all’interno di questo misterioso disegno di amore, racchiuso nella sua morte in croce, che Gesù esorta anche noi a non rifuggire la nostra croce, ma a prenderla su di noi ogni giorno (cf. Lc 9,23), trasformandola – insieme con Lui e dietro a Lui – in un cammino di redenzione, di amore e di vita per noi e per gli altri. Al riguardo desidero condividere con voi un racconto anonimo, semplice nella sua struttura, ma efficace nel significato che intende trasmetterci. Esso recita così:
«Un uomo, sempre scontento di sé e degli altri, brontolava con Dio dicendo: “Ma dove sta scritto che dobbiamo portare la nostra croce? Possibile che non esista un modo per evitarla?”.
Il buon Dio gli rispose allora con un sogno: in esso quell’uomo vide che la vita degli esseri umani sulla terra era una sterminata processione. Ognuno camminava con la sua croce sulle spalle. Lentamente, ma inesorabilmente, un passo dopo l’altro. Anche quell’uomo era nell’interminabile corteo di quella folla immensa e avanzava a fatica con la sua croce personale. Dopo un po’ si accorse che la sua croce era troppo lunga: per questo faceva tanta fatica ad avanzare e a rimanere con gli altri.
“Sarebbe sufficiente accorciarla un po’ – si disse – e tribolerei molto meno”. Quindi si sedette lungo la strada, e con un taglio deciso accorciò d’un bel pezzo quella croce così inutilmente pesante. Quando riprese il cammino, si accorse che ora poteva camminare molto più spedito e leggero, e senza tanta fatica giunse a quella che sembrava essere la meta verso la quale tutti quegli uomini si dirigevano.
Era un burrone: una larga ferita nel terreno, oltre la quale si intravedeva la “terra della felicità eterna”. Era una visione incantevole quella che si intravedeva dall’altra parte del burrone. Siccome, però, non c’erano ponti né passerelle per attraversarlo, ognuno si toglieva la propria croce dalle spalle, l’appoggiava sui bordi del burrone e, passandoci sopra, giungeva dall’altra parte. Le croci sembravano proprio fatte su misura. Congiungevano esattamente i due margini del precipizio. E tutti passavano, eccetto lui, quell’uomo che aveva accorciato la sua croce e che ora – essendo troppo corta – non poteva essere appoggiata sull’altra parte del precipizio. Allora quell’uomo si mise a piangere e a disperarsi, dicendo: “Ah, se l’avessi saputo!”».
Se oggi siamo qui per «volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto» e per adorare la sua croce, è perché, in quanto discepoli di Gesù, sappiamo che la croce non è un’opzione che possiamo prendere o lasciare, ma la via che Gesù stesso ci ha tracciato perché potessimo imparare a donare la nostra vita ai fratelli sul suo esempio e perché potessimo incontrare il cuore di Dio e la sua salvezza che viene da Lui.
Eppure, quanto ci è difficile accettare questa verità! Istintivamente vorremmo anche noi poter fare a meno di portare certe croci o vorremmo quantomeno poter accorciare quelle che ci sembrano troppo lunghe e pesanti! Anche Gesù è passato attraverso questa medesima tentazione quando, durante l’agonia nell’Orto degli ulivi, ha chiesto al Padre: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice!» (Mt 26,42), anche se poi ha subito aggiunto:«Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» (Ibidem).
La preghiera ci aiuta ad entrare nel disegno di amore di Dio, a sintonizzarci con la sua volontà e a perseverare in essa con fede, consci che nei disegni del Signore anche la nostra croce quotidiana trova il suo posto, sempre che la si comprenda nel suo profondo significato, quello, cioè, impressogli dallo stesso Gesù, il quale da strumento di morte l’ha trasformata in uno strumento di oblazione e di puro amore.
Tenendo fisso lo sguardo su Gesù crocifisso, preghiamolo allora così: «O Signore Gesù, purifica i nostri cuori con la luce del tuo Amore, rendili umili e veri, capaci di accogliere quel flusso di misericordia che scaturisce dal cuore del Padre tuo e Padre nostro e che tu, o Gesù, hai reso visibile nell’offerta suprema di te stesso sulla croce. Trasportati da questo flusso di amore misericordioso, fa’, o Signore Gesù, che entriamo sempre più nel mistero del Padre tuo e Padre nostro, e comprendiamo sempre più e meglio il mistero della nostra vita, quella vita che ci è stata donata perché diventi trasparenza dell’Amore divino nel cuore di questo nostro mondo, così assetato di luce, di giustizia, di pace, di Amore appunto». E così sia!