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Domenica delle Palme 2024, l’omelia dell’Abate Donato

IL RACCONTO DELLA PASSIONE DI GESÙ
secondo l’Evangelista Marco

In questa Domenica delle Palme e della Passione del Signore, la Chiesa ci
pone innanzi – come due ante di un dittico – l’ingresso trionfale di Cristo in
Gerusalemme e il racconto della sua passione e morte.
Questi eventi, che sulle prime sembrano contraddirsi, sono in realtà strettamente collegati:
Gesù entra in Gerusalemme come un re umile e pacifico per celebrare la sua
Pasqua di morte e risurrezione, ossia il suo passaggio da questo mondo al
Padre, dal trono della croce a quello della gloria divina che da sempre gli
appartiene.
Dal racconto della passione e morte di Gesù tramandatoci dall’evangelista
Marco estraiamo tre piste di lettura che ci aiutino ad entrare nel vivo della
Settimana Santa.

1.Una prima pista di lettura si concentra sulla motivazione per cui Gesù si è
volontariamente sottoposto alla passione e alla morte di croce. Troviamo
questa motivazione nelle parole dell’istituzione dell’eucaristia. Durante l’ultima
cena – come abbiamo sentito – nell’atto di spezzare il pane e di versare il vino
– simboli del suo corpo e del suo sangue che di lì a poco avrebbe offerto sulla
croce – Gesù anticipa il motivo della sua passione e morte. Infatti, dopo aver
benedetto il calice del vino e dopo averlo dato ai suoi apostoli perché ne
bevessero, aggiunge: «Questo è il mio sangue (…) versato per molti». È in
questa espressione, “per molti”, che va cercata la ragione profonda del
sacrificio di Gesù sulla croce, espressione che va intesa in modo aperto e
inclusivo, poiché con la sua morte Gesù ha voluto che “tutti” fossero salvati (cf.
1Tim 2,4). Quel suo morire “per” noi uomini rappresenta, dunque, il segno di
una radicale donazione che se raggiunge il suo apice sul Calvario, aveva di
fatto già contrassegnato e guidato l’intera esistenza di Gesù. Tutta la sua vita,
dall’inizio alla fine, è stata, infatti, una “vita donata”, una vita, cioè, interamente
e continuamente vissuta come un’oblazione di amore per la salvezza del
mondo.

2.Una seconda pista di lettura è individuabile nel contrasto tra Gesù che fa
gratuitamente dono della propria vita e l’esperienza dell’abbandono, della
solitudine e del tradimento. Si pensi, ad esempio, all’ultima cena – un
momento di convivialità gioiosa, intima e amicale – viz-à-viz l’agonia dolorosa
nell’orto degli Ulivi, dove Gesù darà libero sfogo all’angoscia che l’opprime:
«La mia anima è triste fino alla morte» (Mc 14,34).
Tale esperienza si è rivelata per Gesù ancor più lacerante per il fatto che
all’abbandono esteriore degli uomini, in particolare dei suoi discepoli, si
associava il sentimento di sentirsi abbandonato anche dal Padre suo, come si
evince dal grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34).
Tuttavia, nonostante questa esperienza intima e lancinante che, come uomo,
doveva necessariamente attraversare, Gesù non verrà meno al disegno di
amore e di salvezza che Dio aveva per l’umanità e, non rifuggendo
dall’immolarsi sulla croce per esso, lo porterà a compimento attraverso il dono
totale di sé.

3.Sulla scia di quanto detto vi è, infine, una terza pista di lettura che, ancora
una volta, tocca la persona di Gesù a un livello sia esteriore sia interiore. Se a
un primo sguardo egli sembra essere in balia degli uomini e sembra subire
passivamente gli eventi che lo riguardano (è consegnato, abbandonato,
vilipeso, torturato e crocifisso), interiormente Egli rimane, invece, attivissimo.
Gesù non smette, cioè, di essere fino in fondo protagonista degli avvenimenti
che lo toccano da vicino, affrontandoli liberamente e alla luce di una perfetta
consonanza con la volontà del Padre.
Sorelle e fratelli carissimi, all’inizio di questa Settimana Santa teniamo davanti
agli occhi queste tre piste di lettura e cerchiamo, tramite esse, di rivivere, nella
preghiera e nella meditazione, gli ultimi momenti della vita terrena di Gesù. Essi
ci saranno senza dubbio di sprone a fare anche della nostra vita un dono per gli
altri e a non temere – anzi ad attraversare con fiducia – l’esperienza della
solitudine interiore e del senso di abbandono causate dalle avversità della vita.
Anche quando ci pare che perfino Dio ci abbia abbandonato, affrontiamo queste
ultime con quella libertà interiore che ci proviene dalla luce della fede e da una
fiducia incrollabile nell’amore fedele con il quale Dio continua a raggiungerci e
ad avvolgerci, grazie al Cristo suo Figlio, nostra pace, nostra gioia, nostra
ancora di salvezza. E così sia.

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