Corpus Domini 2025 a san Paolo fuori le Mura: l’omelia del Rev.mo Abate Dom Donato Ogliari
CORPUS DOMINI 2025 – Anno C
Lc 9,11b-17
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Come è stato proclamato nella pagina evangelica, Gesù non si limitava ad operare miracoli alle folle, ma, innanzitutto, parlava loro del “regno di Dio” alle folle. Non meraviglia che l’annuncio del Vangelo occupasse un posto centrale nel suo ministero, poiché Gesù era venuto sulla terra proprio per questo, per dare un nome – Dio – alla ricerca di assoluto che alberga nel cuore di ogni uomo.
Gli stessi miracoli che Gesù compiva vanno letti in quest’ottica: essi intendono, cioè, far volgere lo sguardo verso Dio, verso Colui che, solo, può dare un senso ultimo alla vita umana. Tra le cose create non c’è nulla, infatti, che possa saziarci in maniera definitiva. Come scrive sant’Agostino: «Inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te – Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te». Abbiamo bisogno di Dio che ci è Padre, che ci illumina e ci sostiene con la sua Parola; abbiamo bisogno del suo Figlio Gesù, che ci mostra l’amore misericordioso di Dio che ci salva; abbiamo bisogno dello Spirito Santo, che ci vivifica e ci santifica sulle strade della vita.
«Congeda la folla…»
Ritorniamo al brano evangelico proclamato. Venuta la sera, i discepoli invitano Gesù a congedare la folla che lo aveva seguito, perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni per alloggiare e cercare cibo.
Quello degli Apostoli è senza dubbio un invito dettato dal buon senso, e dimostra che essi sono attenti e hanno a cuore la sorte di quelle persone che avevano seguito Gesù per ascoltarlo ed essere da Lui guarite. Dall’altra, però, Gesù vuol far capire ai suoi discepoli che quelle persone vanno in qualche modo aiutate concretamente. Come? Attraverso il loro diretto coinvolgimento. Ecco perché, capovolgendo la loro richiesta, dice: «Voi stessi date loro da mangiare».
L’attenzione e l’interessamento sono senza dubbio importanti, ma – e questa è la lezione di Gesù – il Vangelo richiede molto di più! Esso esige che in ogni situazione i discepoli sappiano individuare e creare le condizioni per sovvenire alle necessità altrui, servendo e condividendo quello che si ha.
Anche quando c’è poco da condividere («Non avevano che cinque pani e due pesci…»), i discepoli di Gesù – e quindi ogni cristiano – sono chiamati a vivere e ad agire nell’ottica della comunione. Non è la quantità che conta, ma l’intensità e la gratuità con cui si interagisce con il fratello che è nel bisogno. I discepoli devono dunque sentirsi responsabili, lasciandosi coinvolgere personalmente nelle necessità altrui.
Eucaristia: moltiplicazione della vita e condivisione
Veniamo opra al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Che esso sia una chiara allusione all’Eucaristia, lo si deduce facilmente dai termini che vengono impiegati, e che sono esattamente gli stessi con cui è descritta l’istituzione dell’Eucaristia compiuta da Gesù durante l’Ultima Cena. Questi verbi sono: prendere, recitare la benedizione (=rendere grazie), spezzare e dare.
Alla luce del miracolo della “moltiplicazione dei pani e dei pesci” comprendiamo che ogni volta che viene celebrata l’Eucaristia avviene la “moltiplicazione della vita”. In quale senso? Nel senso che, riproponendoci sacramentalmente, in ogni eucaristia, il dono di Sé sulla croce, Gesù ci dona anche – ogni volta daccapo – la possibilità di attingere alla sua persona e di entrare in comunione con Lui per fare anche della nostra vita un dono per gli altri. La vita, infatti, si moltiplica quando la si dona, quando non la si trattiene, ma la si spende: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,25), dice Gesù.
Ogni volta che ci cibiamo dell’eucaristia, dunque, noi diventiamo “uno” con Cristo, acconsentiamo, cioè, a essere trasformati in Lui, come scrive sant’Agostino: «Voi siete quello che prendete/ricevete». Tuttavia, entrare in comunione con il Cristo non è un’esperienza solipsistica. Al contrario, nutrendoci di Gesù siamo sospinti anche noi, sul suo esempio, a fare della nostra vita un’offerta ai nostri fratelli e sorelle, sia all’interno del corpo ecclesiale che al suo esterno.
Non c’è celebrazione vera dell’Eucaristia, dunque, senza la ricerca dell’unità, della concordia, dell’amore reciproco e della condivisione tra coloro che si cibano dello stesso Corpo di Gesù e verso coloro che stanno all’esterno.
Nell’episodio della moltiplicazione dei pani, infatti, si dice che «tutti mangiarono a sazietà». Questo significa che il Signore non vuole escludere nessuno, e che la sua Chiesa non è un ghetto, ma è chiamata a proclamare il Regno di Dio prendendosi cura di tutti, anche di coloro che non sono nostri fratelli e sorelle nella fede.
L’Eucaristia ci apre al mondo intero e ci rivela che Dio può dimorare ovunque. La stessa processione che faremo al termine della S. Messa, e nella quale porteremo nell’ostensorio il SS.mo Sacramento, vuole indicare questa apertura al mondo, in particolare quel mondo nel quale noi viviamo, lavoriamo, gioiamo e soffriamo, quel mondo che attende di essere trasformato dalla nostra testimonianza cristiana per diventare un segno concreto del Regno di Dio che cresce e avanza in mezzo agli uomini. E così sia.






















