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Domenica di Pentecoste 2025 a san Paolo fuori le Mura

PENTECOSTE

Anno C – 2025

Prima lettura (At 2,1-11)

1Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. 2Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. 3Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, 4e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. 5Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. 6A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? 8E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? 9Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, 10della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, 11Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

La Pentecoste segna l’inizio della Chiesa. Il gruppo dei discepoli che si trovava rinchiuso nel cenacolo per paura, viene trasformato dalla potenza dello Spirito Santo in una comunità di salvezza, una comunità che dalla casa in cui si trovava, esce per camminare lungo le vie del mondo, spinta dalla consapevolezza di dover annunciare a tutti il Regno di Dio.

Questo annuncio, sorretto dalla forza luminosa dello Spirito, è qualificato da quattro caratteristiche:

1. La dimensione comunitaria

L’annuncio non è proclamato da voci isolate, ma da tutti i discepoli che prima si trovavano insieme nel Cenacolo. Infatti, è soprattutto la dimensione della comunione e dell’unità che rende credibile l’annuncio, poiché è tale dimensione che mostra concretamente l’efficacia dell’azione dello Spirito, il quale edifica la comunità dei credenti attorno alCristo, come «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32).

Al riguardo, oltre al vento, al terremoto e al fuoco – i simboli classici con i quali sono descritte le teofanie, cioè le manifestazioni e gli interventi di Dio nella storia dell’umanità – vi è un particolare molto significativo. È quello dell’immagine delle “lingue” nelle quali il fuoco si divide, lingue che si posano sul capo di ciascun discepolo.

In tal modo è sottolineata la dimensione dell’unità, che non significa appiattimento od omologazione. Lo Spirito Santo non è un rullo compressore, al contrario mantiene le particolarità di ciascun individuo, benché queste ultime siano chiamate a partecipare alla missione della Chiesa nel mondo in spirito di comunione.

2. Il mistero pasquale di Cristo

Il cuore dell’annuncio è costituito dalla persona di Gesù, morto e risorto, e dal suo Vangelo. È questo ciò che i discepoli devono annunciare al mondo, senza cercare tornaconti personali e senza cedere alla tentazione di annacquare il messaggio cristiano, anche quest’ultimo dovesse risultare scomodo a chi lo ascolta.

3. La reazione all’annuncio

La comunità cristiana dev’essere cosciente che il suo annuncio può essere ostacolato. Oltre al consenso, infatti, essa dovrà prepararsi a confrontarsi anche con le avversità e lapersecuzione. 

4. L’universalità dell’annuncio

A riprova di ciò c’è il fatto che quando gli apostoliescono dal cenacolo e incominciano ad annunciare il Vangelo di Gesù alle persone che si trovavano a Gerusalemme e che provenivano da ogni nazione che è sotto il cielo, ciascuna di queste persone li sentiva parlare nella propria lingua. Ancora una volta, questo significa che lo Spirito Santo parla individualmente a tutti, raggiungendo ogni essere umano, a qualsiasi latitudine egli si trovi e a qualsiasi lingua, razza e cultura egli appartenga. Il suo linguaggio è universale perché il linguaggio di Dio è quello dell’Amore!

Vangelo (Gv 14,15-16.23-26)

«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre». 23«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti». Per ben due volte Gesù usa il “se”, una congiunzione fragile che, introducendo una frase ipotetica, non contiene alcuna certezza: «Se mi amate…», «Se uno mi ama…». In tal modo Gesù vuol farci capire che l’amore non può essere imposto, ma scaturisce da una decisione libera e personale. I suoi comandamenti – ossia quelle linee guida che Egli ci ha delineato nel suo Vangelo e che sono fonte della vera pace e della vera gioia – ci sono proposti perché noi li accogliamo con l’assenso libero della nostra volontà.

Tuttavia, tocchiamo con mano che anche quando diamo il nostro libero assenso agli insegnamenti di Gesù, il metterli in pratica non dipende dalle nostre sole forze. C’è, infatti, bisogno di una forza e di una luce superiori che provengono dallo Spirito Santo, Colui che Gesù – prima di risorgere e ascendere al cielo – ha promesso ai suoi discepoli perché prendesse il suo posto e stesse al loro fianco, persostenerli e incoraggiarli nel cammino di quaggiù.

Gesù lo ha detto chiaramente: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre». “Paraclito” è un termine greco che significa: “Colui che è chiamato accanto” perché parli a nostro favore, come unavvocato, e perché ci conforti, come un consolatore. Lo Spirito è dunque colui che ci è sempre vicino, anche quando siamo prigionieri dell’angoscia, della paura o segnati dall’oscurità delle prove e delle tentazioni. 

Come è successo agli apostoli nel Cenacolo, così anche oggi lo Spirito continua a posarsi su ciascuno di noi, sulle cose di tutti i giorni, sulle nostre relazioni, sulle nostre attese, sui nostri sogni, sulle nostre delusioni e sulle nostre sofferenze. In maniera sovranamente libera, lo Spirito è davvero sempre con noi, anche quando non lo pensiamo e non lo preghiamo.

Nel Vangelo odierno, poi, Gesù ha anche affermato: «Lo Spirito Santo che il Padre manderà vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto». Sì, lo Spirito, che è Signore e dà la vita – come proclamiamo ogni volta nella Professione di fede – è inviato a noi anche per insegnarci ogni cosa e per aiutarci a ricordare tutto quello che Gesù ha detto, con le parole e con l’esempio.

Durante l’Ultima Cena Gesù aveva confessato ai suoi: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso» (Gv16,12). È come se Gesù avesse voluto lasciare davanti a suoi discepoli, e dunque anche a noi, oggi, spazi inediti di ricerca, riponendo la sua fiducia nella nostra disponibilità a renderci vulnerabili alle sollecitazioni dello Spirito, lasciandoci illuminare e guidare da esse.

È infatti Lui, lo Spirito, che ci insegna ogni cosa riguardo a Gesù. Ed è Lui, soprattutto, che ci aiuta a ricordare tutto quello che Gesù ha detto, non perché ci è di supporto dal punto di vista mnemonico, manel senso che ci aiuta a sintonizzarci col Vangelo. Lo Spirito, infatti, è Colui che ci rende capaci di incarnare il Vangelo e di renderlo vivo nel solco della nostra quotidianità. Lasciamolo dunque penetrare nel nostro cuore, là dove ogni nostra decisione, ogni nostra scelta, ogni nostro pensiero e ogni nostra azione trovano la loro sintesi. Vieni Spirito Santo, illuminaci e santificaci. Sii nostro compagno, e guidaci e sostienici sulle vie della vita! Amen