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Solennità della Dedicazione della Basilica di San Paolo fuori le Mura

Sabato 19 2023, Solennità della Dedicazione delle Basiliche dei Santi Pietro e Paolo, dopo aver presieduto i II Vespri Solenni alle 17.00, l’Abate Donato ha presieduto la Messa Conventuale solenne alle 18.00.

Qui di seguito il testo della sua omelia

DEDICAZIONE DELLA BASILICA DI SAN PAOLO flm
San Paolo flm  2023
Mt 14,22-33

Ogni edificio attinge il proprio senso dalla funzione che ricopre: un edificio scolastico non è una caserma, un teatro non è una stazione ferroviaria. Così un edificio di culto, una chiesa, assolve al suo compito nella misura in cui i credenti che in essa pregano e celebrano sono sostenuti dalla consapevolezza di essere chiamati a innalzare quell’edificio spirituale che è la Chiesa-Corpo di Cristo. La vera Chiesa, infatti, non è tanto la chiesa-edificio, fatta di pietre o di mattoni, ma la Chiesa formata da quelle “pietre vive” che sono i credenti, come scrive l’apostolo Pietro nella sua Prima Lettera (1Pt 2,5).

Dal canto suo, Eusebio di Cesarea, vescovo e scrittore ecclesiastico vissuto a cavallo tra il terzo e il quarto secolo, così diceva ai suoi fedeli:

«L’attività di quanti hanno faticato per costruire quest’edificio materiale è certamente apprezzata da colui che viene celebrato come Dio, ma non tanto quanto il tempio vivo che siete tutti voi, dal momento che egli ammira di preferenza la casa fatta di pietre viventi e ben compatte, fortemente e solidamente stabilita sul fondamento degli apostoli e dei profeti, di cui Gesù Cristo medesimo è la pietra angolare».

E sant’Agostino: «La dedicazione della casa di preghiera è la festa della nostra comunità. Questo edificio è divenuto la casa del nostro culto. Ma noi stessi siamo casa di Dio».

CASA DI PREGHIERA

Soffermiamoci brevemente su questa definizione: “casa di preghiera”, collegandoci alla pagina evangelica che – come abbiamo sentito – esordisce proprio parlando della preghiera di Gesù. Dopo aver moltiplicato i pani per la folla, mentre la congedava Gesù ordina ai discepoli di precederlo in barca sull’altra riva del lago. Quindi sale sul monte, da solo, a pregare.

Per quanto non ci sia dato di penetrare questa preghiera di Gesù, possiamo tuttavia supporre che essa si dispiegasse lungo due assi portanti: da una parte la sua consapevolezza di essere Figlio di Dio, e dunque la naturale ricerca di comunione intima e amorosa col Padre suo, col quale viveva in unità; dall’altra la consapevolezza della sua umanità, e dunque il bisogno di confrontarsi col Padre per orientare con nitidezza e in accordo con la sua volontà salvifica la propria vita e il proprio ministero.

Anche per noi l’edificio-chiesa è il luogo in cui, incontrando il Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, la nostra umanità si riscopre ogni volta daccapo impastata di cielo. Anche per noi, attraverso la preghiera e la partecipazione contemplante ai divini misteri, si verifica l’incontro della nostra umanità con il divino. La chiesa come edificio materiale – che per noi è questa stupenda basilica – è, infatti, il luogo nel quale, come comunità di credenti, portiamo al Signore le nostre piccole storie quotidiane, le nostre gioie e le nostre fatiche. Le consegniamo a Lui in virtù della nostra figliolanza divina, grazie alla quale la nostra umanità è raggiunta e illuminata dallo sguardo amoroso che il Signore non cessa di posare continuamente su ciascuno di noi.

È interessante, al riguardo, rammentare che nell’antichità il termine tempio (in latino: templum), oltre che a indicare lo spazio che delimita il sacro dal profano, veniva utilizzato anche per indicare la volta del cielo. E quest’ultima, se da una parte delimita e distingue il cielo dalla terra, dall’altra li congiunge. Il templum è, infatti, anche il punto di incontro e di sintesi tra cielo e terra. Qui, soprattutto quando celebriamo l’Eucarestia – ripresentazione del mistero pasquale di Cristo, Verbo incarnato del Padre e suo tempio di carne – la Trinità torna ad abitare e a riempire di Sé la vita delle nostre comunità e le nostre esistenze.

Infine, la chiesa-edificio quale casa di preghiera è anche segno di quel tempio di Dio che siamo ciascuno di noi, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella seconda lettura: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? (…) Santo è il tempio di Dio che siete voi” (1Cor 3,16.17). E ancora: “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi?» (1Cor 6,19).

Ciò significa che la presenza di Dio, per la potenza dello Spirito Santo, abita non solo tra noi, ma anche in ciascuno di noi personalmente. Questo ci fa pure comprendere come la nostra preghiera – pur corroborata dalle azioni liturgiche e sostenuta dalla comunità che nella casa del Signore si riunisce e prega insieme – non conosca barriere di sorta. Poiché siamo il tempio santo di Dio, lo Spirito abita, prega e agisce incessantemente in noi, con noi e per noi. Al riguardo, san Bernardo afferma: «Ovunque ti dovessi trovare, rientra in te stesso. Se ti dovessi trovare lontano dall’oratorio (dalla casa di preghiera) non andare alla sua ricerca poiché tu stesso sei questo luogo. In qualunque luogo ti dovessi trovare, prega, perché lì è il tuo tempio».

LA FEDE

La parte centrale del Vangelo che è stato proclamato riguarda la dimensione della fede, fede che talora viene messa duramente alla prova dalle alterne vicende della vita, di cui i venti contrari e le onde agitate del racconto evangelico sono una metafora.

Eppure, anche nel bel mezzo delle avversità noi non siamo mai soli. Anche quando non ce ne rendiamo conto, Dio continua a intrecciare il suo respiro al nostro e non cessa di rassicurarci con le stesse parole con cui ha incoraggiato i suoi discepoli sul Lago di Genezzaret: «Coraggio, non abbiate paura!». Certo, il Signore non elimina i problemi o le burrasche che si abbattono sulla nostra vita, però ci dona la forza di attraversarle con quell’umile determinazione che nasce, appunto, dalla fede in Lui. Tuttavia, anche questa intima certezza che Egli ci è sempre accanto e ci sostiene ha bisogno di essere purificata da seconde intenzioni. In caso contrario si rischia di affondare, come è successo a Pietro. Nel dire: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque», Pietro – come è stato detto – «domanda due cose: una giusta e una sbagliata. Chiede di andare verso il Signore, ed è ­la domanda assoluta, perfetta, quella di ogni credente (…). Poi chiede di andarci camminando sulle acque, ed­ è la parte sbagliata» (E. Ronchi).

Sicuramente il Signore vuole che gli andiamo incontro, purché lo facciamo con semplicità di cuore e con fede limpida e ardente, non cercando miracoli che possano alleviare il nostro cammino, ma ricercando indefessamente il suo volto e aprendo le orecchie del nostro cuore alla sua Parola. Infatti, quando distogliamo i nostri occhi da lui e li abbassiamo su di noi e sulle nostre difficoltà; quando, anziché la sua Parola, ascoltiamo il rumore delle onde agitate e dei venti contrari che si abbattono su di noi, rischiamo di andare a fondo…

Occorre dunque che ci aggrappiamo saldamente alla fede, sorelle e fratelli carissimi. Anche quando la paura dovesse contendere alla fede il nostro cuore, o quando la nostra fede dovesse incrinarsi, rimpicciolirsi o essere rosa dal dubbio, anche allora non dobbiamo temere di gridare al Signore la stessa supplica – ossia la stessa preghiera – che gli ha rivolto Pietro: «Signore, salvami!». Anche quando il grido fosse dettato dalla paura e dalla poca fede, se esso è umile e sincero non mancherà di attirare la mano del Signore, sempre pronta a tendersi e ad afferrare chi ha Lui si rivolge per stringerlo nell’abbraccio che salva!

E così sia!

Alcune foto della Messa Conventuale solenne

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