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Omelia della Veglia Pasquale

Mt 28,1-10

Come è noto, nessun evangelista ha descritto l’evento della risurrezione di Gesù, per il semplice fatto che nessuno ne è stato testimone. Tuttavia, che Gesù avesse realmente infranto il potere della morte è documentato dalle testimonianze di coloro che sono stati destinatari delle sue apparizioni e che perciò hanno potuto attestare che Egli era vivo.

Maria Maddalena e l’altra Maria – menzionate nella pagina evangelica appena proclamata – sono tra questi privilegiati. Dal loro incontro con il Signore risorto possiamo trarre alcune considerazioni che possano aiutare anche noi, oggi, a riconoscere la sua presenza in mezzo a noi e ad accoglierla nella nostra vita alla luce della fede.

La prima cosa che siamo invitati a fare è quella di impedire che la paura prenda possesso di noi. Le donne accorse di buon mattino al sepolcro di Gesù, per due volte – dapprima da parte dell’angelo e poi da parte dello stesso Risorto – sono esortate a non aver paura.

Anche a noi può succedere di essere confrontati con l’una o l’altra paura; paure che riguardano la nostra vita personale, familiare o collettiva, o paure che nascono dalla preoccupazione destata in noi da eventi drammatici a livello mondiale.

Tuttavia, al di là delle singole paure a cui possiamo dare un nome preciso, la prima paura da vincere è la paura della paura. Non si tratta di un semplice gioco di parole, ma riguarda quel desiderio, innato in ciascuno di noi, di prevenire ed evitare l’esperienza della paura, soprattutto quando l’apprensione è provocata da qualcosa che non dipende da noi, che sfugge al nostro controllo, che ci spiazza e che non sappiamo come spiegare o affrontare. Anche allora, in ogni caso, siamo esortati a non lasciarci schiacciare dalla paura.

In fondo, anche Maria Maddalena e l’altra Maria sono passate attraverso questa esperienza: esse sono state prese dalla paura sia quando si sono trovate di fronte all’angelo dall’aspetto di folgore che aveva loro annunciato che Gesù il crocifisso non era più tra i morti, sia quando si sono trovate davanti lo stesso Gesù apparso loro nella sua nuova condizione di Risorto. Si trattava di due fatti inspiegabili, che eccedevano la loro capacità di comprensione e che sfuggivano al loro controllo emotivo. Di qui la paura, dalla quale il Signore risorto le libererà spalancando gli occhi della loro fede alla luce dell’amore. Sì, la risposta alla paura risiede in una fede salda, sorretta dall’amore!

Certo, non possiamo asserire che l’amore delle due donne per Gesù non fosse stato genuino. E tuttavia, quel loro amore era, per così dire, imperfetto, perché era ancora basato sui legami terreni che avevano sperimentato quando Gesù era in mezzo a loro fisicamente, legami che ormai erano stati stravolti dall’evento della sua risurrezione. Alla luce di quest’ultima, infatti, l’amore per Gesù non poteva più essere radicato nell’esperienza di quaggiù. Ormai le sue radici stavano in alto, dove Gesù siede e vive per sempre alla destra del Padre, e da dove intercede incessantemente a nostro favore (cf. Eb 7,25).

Questo dunque il messaggio di fondo. Di fronte ad un evento umanamente inspiegabile come, appunto, quello della Risurrezione di Gesù – che rappresenta il cuore della nostra fede – anche noi, come Maria di Magdala e l’altra Maria, siamo invitati ad accostare questo mistero sorretti da uno sguardo d’amore il cui intuito è fecondato da una fede luminosa. Solo così ci sarà possibile riconoscere la potenza di Dio che, nella Risurrezione del suo Figlio Gesù, non solo anticipa quello che sarà anche il nostro destino, ma inonda fin d’ora di una forza nuova e di una luce nuova la nostra vita di ogni giorno.

Al riguardo, riveste un particolare significato anche l’invito che il Risorto rivolge alle due donne:
«Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». Gesù si mostrerà ai suoi discepoli in Galilea, ossia nel luogo in cui, per alcuni anni, aveva condiviso con loro il suo ministero.

Come allora, anche oggi Gesù continua a risorgere e a farsi vedere nella Galilea della nostra quotidianità, nei luoghi della nostra vita ordinaria, del nostro operare, del nostro amare e del nostro faticare, del nostro gioire e del nostro soffrire. È lì che il Signore risorto, il Vivente, continua a farsi presente e ad accompagnare i nostri passi, anche quando sono incerti.

Celebrare la vittoria di Cristo sulla morte, sorelle e fratelli carissimi, significa, dunque, riconoscere che la nostra vita è ormai spalancata sull’eternità di Dio, che le radici della nostra fede, della nostra speranza e della nostra carità sono ormai lassù, con il Signore risorto, là dove niente e nessuno le può alterare. E così sia!

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