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ceneri abate Donato San Paolo fuori le Mura

Mercoledì delle Ceneri, l’Omelia dell’Abate Donato

Mt 6,1-6.16-18

Il significato simbolico dell’imposizione delle Ceneri

L’imposizione delle ceneri è un rito che ci tocca in profondità. Ci rammenta che noi siamo poca cosa, fragile e limitata, anche se quella polvere di cui siamo fatti è abitata dal soffio dello Spirito, e rimaneil capolavoro più bello di Dio. Ed è proprio perchéDio ci tiene tanto a noi che ogni anno, in quaresima, ci invita a “riconciliarci con Lui” (si veda la seconda Lettura: 2Cor 5,20-6,2), a raddrizzare quel che è storto e a rivitalizzare ciò che è smorto e opaco, perché la sua luce possa trasparire in maniera vivida dalla nostra vita.

Su questo sfondo prendiamo atto dell’attualità dell’ammonimento del profeta Gioele, riecheggiato nella prima Lettura (Gl 2, 12-18): ai gesti esteriori deve corrispondere la sincerità dell’animo e la coerenza delle opere. A che serve infatti – si domanda il Profeta – lacerarsi le vesti, se il cuore rimane lontano dal Signore, cioè dal bene e dalla giustizia? Ecco ciò che conta veramente: ritornare a Dio con animo sinceramente pentito, per ottenere la sua misericordia. Questo è il programma quaresimale: aspirare a un cuore nuovo e a uno spirito nuovo, capace di infondere nuova linfa alla nostra vita cristiana e alla testimonianza che è chiamata ad offrire al mondo.

Il combattimento spirituale

Se il cuore umano e lo spirito nuovo sono un dono da chiedere al Signore, egli, a sua volta, chiede la nostra collaborazione. È ciò che emerge dall’odierna orazione “colletta” che, con un linguaggiomilitaresco – ad indicare che occorre agire con determinazione – parla di “armi” della penitenza e di “combattimento” contro lo spirito del male. La Quaresima, infatti, ci ricorda che l’esistenza cristiana è un combattimento spirituale con il peccato e con il tentatore per eccellenza, Satana. È una lotta che investe l’intera persona e che richiede un’attenta e costante vigilanza. È per questo motivo che, di fronte alla necessità di lottare ogni giorno contro la presenza tentacolare del Male, san Benedetto afferma che «la vita del monaco deve in ogni tempo conformarsi all’osservanza quaresimale» (RB 49). Purificare il nostro cuore dai vizi per non cadere nelle insidie del diavolo, edirigerlo verso il bene è, infatti, un compito che dovrebbe tenerci impegnati ogni giorno della vita. Le “armi” per supportare questo nostro impegno sono, come ci ha ricordato la pagina evangelica, il digiuno, la preghiera e l’elemosina.

VANGELO

Il digiuno

Il digiuno al quale la Chiesa ci esorta all’inizio della Quaresima ha come scopo ultimo una più viva percezione o lucidità spirituale, un’acutizzazione dello spirito, un affinamento del nostro occhio interiore che ci permetta, da una parte, di riconoscere e smascherare il male, e dall’altra di compiere scelte illuminate dall’amore di Dio e dal desiderio del bene, per noi e per gli altri.

Il digiuno, inteso in senso lato, e non solo come astensione dal cibo, è dunque un segno del nostro desiderio di non lasciarci schiavizzare dalle cose materiali e mondane, di qualunque genere esse siano. È un segno di amore nei confronti della verità e della felicità della nostra vita, ed esprime l’attesa del ricongiungimento con Gesù, lo Sposo, la cui venuta finale la Chiesa attende con pazienza e speranza.

La preghiera 

L’altro aspetto che caratterizza il periodo quaresimale è la preghiera, la quale va intensificata non tanto nella quantità quanto nella qualità. Una preghiera, quindi, non fatta di molte parole («Non in multiloquio, sed in puritate cordis et conpunctione lacrimarum – Non con molte parole, ma con purezza di cuore e con la compunzione delle lacrime»: Regola di Benedetto 20,3), ma che sia espressione di un cuore desideroso di sperimentare la comunione con Dio,al quale si rivolge con umile fiducia e speranza.

La preghiera è un modo eminente per riconoscere la bontà di Dio e la sua presenza amorosa nella nostra vita, e sostiene il nostro cammino, soprattutto nei momenti difficili. È anche importante che la preghiera sia intimamente connessa con l’ascolto della Parola di Dio, la quale, nutrendo la stessa preghiera, finisce colforgiare anche la vita dell’orante. 

L’elemosina

Nella sua grande sapienza, la Chiesa ci invita a verificare la qualità del nostro impegno quaresimale anche alla luce della carità, espressa dalla pagina evangelica attraverso l’elemosina. Ciò che non deve mai venir meno nel nostro cuore e che deve brillare al di sopra di tutto, è proprio la carità, perché tutto un giorno avrà fine, ad eccezione della carità (cf. 1Cor 13,8). Una carità discreta, umile, che non fa chiasso e non attira l’attenzione, ma che opera nel segreto – lostesso, dice Gesù, vale per il digiuno e la preghiera – per non inquinare la gratuità del gesto. Una carità che è l’esplicitazione di un giusto rapporto con noi stessi e con Dio, e che è la prova concreta del nostro impegno a fare – sull’esempio di Gesù – del dono di noi stessi a Lui e ai fratelli il principio attivo della nostra vita cristiana. E così sia.