Veglia Pasquale nella Notte Santa 2025, l’Omelia dell’Abate Donato
VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA 2025
Vangelo: Lc 24,1-12
Le donne che, il primo giorno della settimana, di buon mattino, erano andate a ungere il cadavere di Gesù, trovarono il sepolcro aperto e vuoto. Mentre si domandavano che cosa significasse tutto questo, si presentarono a loro due uomini in abito sfolgorante, ossia due angeli.
A quell’apparizione, le donne rimasero impaurite – come annota l’evangelista – e «tenevano il volto chinato a terra». Il loro animo era come paralizzato, sia a motivo dell’assenza del corpo di Gesù nel sepolcro sia per la presenza di quei due angeli. Finalmente, questi ultimi rivolgono alle donne una domanda retorica, che contiene la risposta al perché il sepolcro nel quale era stato posto Gesù sia vuoto: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto». Mutuando un’espressione di san Paolo potremmo dire che il “pungiglione della morte” (cf. 1Cor 15,55s) ha raggiunto Gesù, e tuttavia non ha potuto trattenerlo nel regno dei morti, al contrario il suo corpo è stato sottratto ad esso ed è risorto!
Il centro di gravità della nostra fede cristiana sta proprio qui, sorelle e fratelli carissimi, nel mistero insondabile della morte e risurrezione di Gesù. Le parole che gli angeli hanno rivolto alle donne, sono ora risuonate per noi. Esse ci spingono a sollevare lo sguardo da terra e ad aprire senza paura il nostro cuore, la nostra mente e la nostra vita al mistero di Cristo Gesù, crocifisso e risorto. Egli è vivo! Egli è sempre con noi, vuole condividere le nostre gioie e le nostre pene, e per questa ragione si fa nostro compagno di viaggio per sostenerci nel cammino di quaggiù. Egli è sempre vivo per intercedere a nostro favore (cf. Eb 7,25) presso il Padre perché non ci faccia mancare la forza necessaria per affrontare le prove della vita e camminare con speranza nei solchi spesso zigzagati e travagliati della storia e della nostra vita personale. Lasciamo allora che la nostra esistenza sia investita dalla luce del Signore risorto, apportatrice di vita!
Inoltre, non dobbiamo dimenticare che, con la risurrezione di Gesù, la nostra vita è stata ancorata nell’aldilà, oltre la morte, dove potrà espandersi nella vita eterna di Dio, nella quale Gesù ha già portato con sé la nostra umanità. Noi credenti viviamo di questa grande Speranza. Essa ci insegna a non ridurre la nostra esistenza a quella terrena e alla inevitabilità della morte. Grazie a Cristo risorto, la nostra vita terrena è riempita di un senso che la travalica, e la stessa morte non è più un muro invalicabile, bensì una porta di accesso alla vita in Dio e con Dio.
Papa Francesco, nella Bolla con cui ha indetto l’Anno Santo, scrive: «guardando al tempo che scorre, abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo dunque nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre in Lui» (Spes non confundit 19).
Questa è la nostra fede, una fede che ha nel mistero pasquale di Gesù il suo cuore pulsante. Lasciamo che la sua luce si estenda alla nostra vita; lasciamo che abbracci le nostre ferite, che liberi quelle energie che sono ancora imprigionate dentro di noi dalla paura, dalla sofferenza, dal dolore o dall’esperienza del male e del peccato, e che trasformi le stesse esperienze negative in nuove occasioni di vita.
E allora, sorelle e fratelli carissimi, facciamo riecheggiare nel nostro cuore l’Alleluja pasquale che, in questa notte santa, è tornato a risuonare sulle nostre labbra. Allelluja è una parola ebraica chesignifica: “Lodate Jahvè!”. È innanzitutto un canto di lode e di giubilo a Dio che ha risuscitato Gesù dai morti, ma, nello stesso tempo, è anche il grido che eleviamo a Lui nel nostro pellegrinaggio terreno per il tramite di Gesù, crocifisso e risorto per la nostra salvezza. Innalziamo al Signore il nostro quotidiano Alleluja, con le labbra e con la vita, come ci esorta sant’Agostino:
«Lodiamo il Signore, fratelli, con la vita e con le labbra, col cuore e la bocca, con la voce e la condotta. (…) Cantiamo l’alleluia pur in mezzo alle preoccupazioni, perché possiamo, un giorno, cantarlo nella pace totale. Cantiamo l’alleluia in mezzo ai pericoli e alle tentazioni. (…) Canta come fa il viandante, canta, ma cammina. Canta per sostenere la fatica, non lasciarti prendere dall’indolenza. Canta e cammina. Che significa: cammina? Avanza, avanza nel bene. Avanza in rettitudine di fede, in purezza di vita. Canta e cammina». E così sia!










































