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Solennità di San Benedetto Patrono Principale d’Europa

S. MESSA NELLA SOLENNITÀ DI S. BENEDETTO
Donato Ogliari OSB – Abate di San Paolo fuori le Mura, Roma
11 luglio 2023

Nell’epoca in cui viviamo tutto sembra muoversi a ritmi vertiginosi. Una notizia o un avvenimento del giorno prima scivolano subito nel dimenticatoio e sono consegnati al passato. Si è così proiettati in avanti che spesso non si ha neppure il tempo di gustare il raggiungimento di una méta o le scadenze importanti della vita. E men che meno si ha il tempo di lasciarsi incantare da un tramonto o da un cielo stellato!

Tutto incalza in questa nostra “società liquida”. È come se, immersi e trascinati dalla sua fluidità, non ci importasse più di tanto avere dei punti di riferimento precisi e solidi che ci indichino la direzione da prendere e il senso da imprimere al nostro cammino. È come se procedessimo in balia di noi stessi, senza un centro unificatore al quale ancorare la nostra esistenza. E tuttavia, è proprio di punti fermi che necessitiamo. Ne ha bisogno la nostra anima, se non vogliamo correre il rischio che essa si sfilacci e che la nostra esistenza solchi il mare della storia come una nave senza nocchiero, in balia dei flutti.

Al riguardo, ho sempre trovato molto eloquente un episodio realmente accaduto. Dei portatori africani dai quali un safarista aveva troppo preteso, decisero, ad un certo punto del viaggio, di fermarsi e di non procedere oltre. Alla domanda sul perché si rifiutassero di continuare, essi risposero che la loro anima non era ancora giunta dove erano arrivati i loro piedi!

Anche noi potremmo trovarci a rincorrere le attività in maniera frenetica, sotto la spinta dell’urgenza o di ritmi talora disumani, generalmente imposti dalle regole del profitto, che inquinano e immiseriscono le nostre energie interiori. Ma, prima o poi, arriva il momento in cui l’anima – non sentendosi più in

Il Vangelo che è stato proclamato (cf. Gv 15,1-8) ci ha parlato proprio della necessità di essere radicati in un centro unificatore che ha nome Gesù. Egli stesso, infatti, ci ha esortati a più riprese a rimanere in Lui, come i tralci nella vite, poiché è da lui che proviene la linfa vitale che permette alla nostra vita cristiana di portare molto frutto.

Quello del “rimanere” è un tema caro anche a san Benedetto. Egli lo sviluppa nell’ottica della “stabilità” che – al contrario di quello che si pensa solitamente – è ben più che la mera stabilitas loci, lo stare o abitare sempre nello stesso luogo. Questo non lo fanno solo i monaci, ma anche la stragrande maggioranza delle persone. La stabilità a cui san Benedetto allude riguarda soprattutto la nostra vita interiore, e si riferisce in primo luogo ad un radicamento nella propria scelta di vita, radicamento che consenta di sfuggire alla tentazione della superficialità, della mediocrità, dell’omologazione o del ripiegamento su sé stessi.

Quando san Benedetto parla della

«stabilità nella famiglia monastica» (RB 4,78),

più che a un luogo fisico egli pensa a quel fascio di dinamiche e relazioni che sono alla base della costruzione di una comunità monastica nella quale i monaci sono chiamati a camminare insieme ispirandosi al Vangelo, e nella quale la comprensione e il perdono fraterno, la condivisione responsabile e generosa, il mutuo sostegno e il reciproco amore rappresentano il pane quotidiano.

Similmente, quando san Benedetto dice che il novizio deve promettere di «essere perseverante nella sua stabilità» (RB 58,9), egli allude alla perseveranza nella sequela di Cristo, così come quest’ultima si declina negli spazi comunitari e nel rapporto col mondo.

Ciò che sta maggiormente a cuore a san Benedetto è dunque la stabilità interiore, la stabilitas cordis. Lo aveva capito bene anche il Sommo poeta, il quale – parlando dei monaci benedettini – mette sulla bocca del loro fondatore le seguenti parole: «Qui son li frati miei che dentro ai chiostri fermar li piedi e tennero il cor saldo» (Paradiso XXII, 49). Senza stabilità interiore o del cuore è impossibile edificare una comunità che sia testimonianza profetica di vera comunione, che sia cioè trasparenza luminosa del Vangelo!

Per tornare alla pagina evangelica, il rimanere in Cristo presuppone ovviamente che non si fugga da sé stessi, ma si abbia il coraggio di gettare uno sguardo senza veli sul proprio “io”, non quello luccicante che sogniamo e che vorremmo mostrare agli occhi altrui, ma quello reale, nel quale si intrecciano aspettative e delusioni, desideri realizzati e incompiuti, gioie e fatiche, sofferenze e consolazioni. Solo imparando a rimanere in Gesù, a dimorare saldamente “in” Lui, impareremo anche a dimorare sempre di più e meglio “in” e “con” noi stessi, e a intessere rapporti armoniosi, giusti e benevoli con quanti ci circondano.

Al riguardo, il brano evangelico proclamato ci ha offerto indicazioni preziose, che val la pena riassumere brevemente:

  • ossia per realizzarci facendo della nostra vita un dono per gli altri;
  • rimanere in Cristo è la garanzia che rende possibile l’edificazione della comunità attraverso la “convivialità delle differenze” (T. Bello). In Cristo, infatti, le nostre individualità trovano continuamente il loro approdo e il loro punto di partenza. In Lui esse si intersecano in modo arricchente per produrre frutti buoni per tutti. È questo ritrovarci in Cristo, dunque, che rende possibile il passaggio dall’ “io” al “noi” in vista del perseguimento del bene comune.
  • infine, il nostro rimanere in Cristo e nella sua Parola di vita, ci tiene strettamente uniti alla fonte dalla quale attingiamo quotidianamente la forza per vivere nel mondo come tracce luminose che testimonino come la ricerca della giustizia, della pace, della solidarietà, della comunione e della fratellanza non sia un’utopia. Sempre che tale ricerca sia ispirata e sostenuta dalla luce gioiosa del Vangelo!

Che san Benedetto interceda per ciascuno di noi affinché il Signore, per il tramite del suo Spirito, rinvigorisca il nostro rimanere in Lui, e faccia sì che la nostra piccola testimonianza quotidiana ridondi a beneficio di quanti incontriamo sul nostro cammino e – se a Lui piace – del mondo intero. E così sia!

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