Solennità del’Immacolata Concezione a San Paolo fuori le Mura. L’omelia dell’Abate Donato.
Lc 1,26-38
Con il dogma dell’Immacolata Concezione la Chiesa afferma che Maria, per singolare privilegio di Dio, è stata preservata dal peccato originale. Ciò significa che fin dal primo istante della sua esistenza – ossia fin dal suo concepimento – Maria era già tutta ripiena della grazia di Dio, della sua luce e della sua santità. Come è noto, questa verità, definita dogmaticamente l’8 dicembre 1854 da papa Pio IX, fu confermata quattro anni dall’apparizione della Madonna a Lourdes, la quale rivelò a Bernardetta la propria identità quando le disse: «Io sono l’Immacolata Concezione».
IL PECCATO ORIGINALE
L’Immacolata Concezione di Maria ci riporta innanzitutto a quella vita senza peccato che aveva caratterizzato i nostri progenitori, Adamo ed Eva. Purtroppo, però, questa innocenza primordiale fu infranta dal cosiddetto “peccato originale”, quello consumatosi nel paradiso terrestre, come ci ha ricordato la prima lettura.
Da quel momento l’umanità è vulnerabile al fascino del peccato e alle seduzioni del male, con i quali deve continuamente fare i conti. È vero che il sacramento del Battesimo, «donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l’uomo verso Dio». Tuttavia «le conseguenze di tale peccato [=del peccato originale] sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell’uomo e lo provocano al combattimento spirituale» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 405).
Anche dopo il battesimo, dunque, la nostra natura umana rimane ferita e sperimenta l’inclinazione al male. Ce lo dice l’esperienza del peccato che, in una forma o nell’altra, tutti noi facciamo, ed è lì a ricordarcelo anche la constatazione dell’influsso negativo che il peccato o esercita sul nostro benessere umano e spirituale, sulle nostre relazioni, sulla convivenza civile, sui rapporti tra le nazioni. I nostri peccati personali minano e frenano l’edificazione di una società più giusta, perché impediscono o infrangono l’armonia e la pace di cui vorremmo godere. Di qui la necessità di combattere il male senza sosta, per favorire e implementare il più possibile il bene.
DOVE ABBONDA IL PECCATO SOVRABBONDA LA GRAZIA
Rapportato a noi, il dogma dell’Immacolata Concezione ci rivela che Dio è più forte del peccato e che là dove abbonda il peccato sovrabbonda la sua grazia (cf. Rom 5,20). In altre parole, Dio non abbandona l’uomo a sé stesso. Lo dimostra il fatto che, dopo il peccato originale, egli chiama Adamo, che si era nascosto, dicendogli: «Dove sei?», lasciando intendere in tal modo che non si disinteressa di quanto ha creato, e non lo abbandona nelle mani di chi l’ha sedotto, cioè il diavolo!
Inoltre, che Dio non abbandoni l’uomo lo conferma anche la sua predizione circa la vittoria che il Messia, nato da una donna, riporterà sul Maligno. Questa bella notizia è contenuta in quelle parole che la tradizione cristiana ha considerato una specie di “protovangelo”, e cioè le parole che Dio ha rivolto al serpente: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, fra la sua stirpe e la tua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gn 3,15).
Nella “stirpe” che schiaccerà la testa al diavolo, la tradizione cristiana ha visto prefigurata la venuta del Cristo, “nuovo Adamo”, il quale, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, salverà, appunto, l’umanità. Nella “donna”, invece, la tradizione cattolica ha visto prefigurata la “nuova Eva”, Maria, la Madre di Gesù, la quale viene così strettamente associata alla morte redentrice del suo Figlio.
L’Immacolata Concezione è dunque per noi il segno e la garanzia che il peccato non è l’ultima parola, anche se a noi che peregriniamo su questa terra tocca ancora lottare contro il Maligno e le sue seduzioni, come ci ricorda un testo del Concilio Vaticano II: «Mentre la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione, con la quale è senza macchia e senza ruga, i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità debellando il peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti» (Lumen gentium, 65).
LE PAROLE DELL’ANGELO
In questo nostro impegno quotidiano nel seguire Gesù e godere della sua amicizia per poter vincere le seduzioni del Maligno, ci accompagnano due imperativi rivolti a Maria dall’angelo Gabriele: «rallegrati» e «non temere»; e un’assicurazione: «lo Spirito Santo scenderà su di te (…) colui che nascerà sarà santo e chiamato Figlio di Dio».
I due imperativi ci toccano in profondità perché fanno vibrare le corde che più ci stanno a cuore:
-«Rallegrati!»: è l’anelito alla gioia o felicità che tutti portiamo in cuore e che, come in Maria, anche in noi dev’essere sostenuto dalla consapevolezza di saperci amati dal Signore e per ciò stesso di saperci destinatari del suo desiderio di venirci incontro per guarirci e salvarci.
-«Non temere»: è un invito a vincere la paura, la quale, oltre a generare in noi scoraggiamento, ci inganna, in quanto vorrebbe farci credere che Dio non è al nostro fianco, soprattutto quando le strade che egli percorre sembrano distanziarsi dalle nostre e noi abbiamo l’impressione di essere lasciati soli a lottare contro le forze del male.
– Infine, l’assicurazione che Gesù sarebbe stato concepito nel grembo di Maria senza concorso d’uomo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te». Poiché lo Spirito Santo è colui che “dà la vita”, egli rende anche noi portatori di vita se – come Maria – gli apriamo il nostro cuore e gli consentiamo di agire in noi per poter seminare attorno a noi parole e gesti di riconciliazione, di bontà, di condivisione, di amore; parole e gesti, cioè, che, nel edificano e rendono vivibile la vita, custodendola e facendola fiorire alla scuola del Vangelo di Gesù.
L’annunciazione a Maria, riguarda, dunque, anche noi. In fondo, la sua storia è anche la nostra storia, perché, anche se noi, a differenza di lei, conosciamo l’esperienza del peccato, Maria ci insegna come combatterlo e come vivere e camminare nella luce e nella forza che provengono da di Dio.
Perché questo diventi realtà, tuttavia, occorre che anche noi, come lei, pronunciamo il nostro «Eccomi!»; quel “sì” che ci proietta nel disegno di amore di Dio che ci raggiunge e si innerva nei luoghi della nostra quotidianità, là dove sperimentiamo gioie e dolori, attese e preoccupazioni, fatiche e gratificazioni, luci e ombre, in una parola là dove viviamo i chiaroscuri di cui la nostra esistenza è fatta. È bello e consolante sapere che Dio si fa presente al cuore della nostra vita, che egli è lì insieme con noi, per accompagnarci passo passo nelle cose ordinarie di ogni giorno.
Guardando a Maria, colei che ha vissuto all’unisono con il disegno di amore di Dio, incarnandolo nel suo seno in Cristo Gesù, affidiamoci al suo abbraccio materno e misericordioso. E lo vogliamo fare con le parole di san Bernardo di Chiaravalle:
Se t’imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria.
Se sei sbattuto dalle onde della superbia, dell’ambizione, della calunnia, della gelosia, guarda la stella, invoca Maria.
Se l’ira e l’avarizia o le lusinghe della carne hanno scosso la navicella del tuo animo, guarda la stella, invoca Maria.
Se turbato dall’enormità dei peccati, confuso dall’indegnità della coscienza, impaurito dall’orrore del giudizio, tu cominci ad essere inghiottito nel baratro della tristezza, nell’abisso della disperazione, pensa a Maria.
Nei pericoli, nelle angustie, nelle incertezze, pensa a Maria, invoca Maria.
Non si allontani dalla tua bocca, non si allontani dal tuo cuore.
E così sia!