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Uno sguardo contemplativo
sull’uomo e sul creato
Ab. Donato Ogliari osb

Già pubblicato su Il Gazzettino di Noci, anno 2016

La stagione estiva è un periodo dell’anno nel quale, d’abitudine, ci si concede un po’ di riposo. Indipendentemente dal luogo prescelto, sia esso vicino o lontano, o fosse il proprio ambiente domestico – ambiente di cui riappropriarsi come spazio sgombrato dell’affanno dei giorni lavorativi – il periodo di riposo dovrebbe costituire un vero e proprio tempo di “ricarica”, non solo fisica, ma anche psichica e spirituale.
A mio avviso, una dimensione che dovrebbe essere senz’altro recuperata e privilegiata, in quanto fondamentale per il recupero delle proprie energie psico-fisiche e spirituali, è quella del silenzio. Esso, infatti, è ciò che ci permette di penetrare nell’intimità delle cose e di assaporarle, favorendo nello stesso tempo un benessere generale, interiore ed esteriore. Di sicuro, il frastuono e i ritmi accelerati e stressanti imposti dalla vita di ogni giorno non ci aiutano a vivere il silenzio. E così il tran tran quotidiano che ci accompagna durante l’anno rischia di non farci scorgere la bellezza presente nelle persone e nelle cose che ci circondano. Capita che si passi accanto ad una persona senza neppure notarla o rivolgerle il saluto; o che non ci si accorga del sorriso di un bimbo o dei colori stupendi di una natura in festa. Rischiamo, in altre parole, di essere talmente impegnati a rincorrere le tante “cose da fare”, che ci dimentichiamo di accudire la nostra vita interiore e di coltivare ed esternare in modo armonico le nostre emozioni e i nostri sentimenti.
Il fatto che il periodo estivo coincida generalmente con il rallentamento dell’attività lavorativa, dovrebbe dunque costituire una preziosa occasione per guardare con occhi diversi le persone e le cose che ci stanno intorno, soprattutto quelle che fanno parte del contesto nel quale ci muoviamo e viviamo abitualmente. Uno sguardo contemplativo sull’uomo e sulle cose non solo ci rigenera interiormente, ma ci aiuta anche a meglio decifrare le tracce di Dio nella storia dell’umanità e nel creato. Anche quest’ultimo, infatti, è un veicolo di cui Dio si serve per rivelare il suo amore per noi. Dai più ampi panorami alle più esili forme di vita, il creato costituisce una continua sorgente di meraviglia e di riverenza.
Dio non si manifesta solo attraverso gli esseri umani, ma anche nello sfolgorare del sole e nel calare della notte. «Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio» (Papa Francesco, Laudato si’, n. 84).Per il credente, dunque, contemplare il creato significa cogliere un messaggio d’amore che viene da Dio. Già gli scrittori cristiani del passato amavano parlare di una doppia rivelazione divina, quella che giunge all’uomo attraverso la Parola rivelata – cioè la Sacra Scrittura – e quella che lo raggiunge attraverso la natura, questo «splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà» (Ibidem, n. 12).
Inutile dire che in fatto di bellezze naturali la Puglia offre una splendida gamma: dall’azzurro particolare del suo cielo (che in passato attirava molti pittori) al suo mare limpido; dall’armoniosa distesa dei suoi campi e dei suoi boschi agli ulivi secolari che, come annose e rugose sentinelle, vigilano su buona parte del suo paesaggio; dai suoi borghi e dalle sue città, dove spesso il bianco della calce – così essenziale – la fa ancora da padrone, ai suoi austeri castelli; dalle cattedrali mistiche e severe ai santuari e ai monasteri che intridono di Dio le sue contrade.
Non sono che alcuni esempi di scorci e spazi simbolici che trasmettono l’anima più bella e intima della Puglia, un’anima che ben si raccorda con la calda umanità che contraddistingue i suoi abitanti, un’umanità con la quale, a sua volta, si fonde quell’altra anima, quella più propriamente religiosa: una fede semplice e genuina di cui la religiosità popolare rappresenta una forma particolarmente visibile e ancora in grado, oggi, di segnare molte espressioni del vivere quotidiano.
Come per gli esseri umani, dunque, anche per il creato e l’habitat nel quale si vive, occorrono occhi capaci di scorgere e contemplare quel che è racchiuso in ciò che ci circonda. E – per tornare alla considerazione iniziale – tale sguardo sarà possibile solo se nasce dal silenzio interiore, da un cuore in ascolto, poiché – come asseriva Antoine de Saint-Exupéry – «non si vede bene che col cuore; l’essenziale è invisibile agli occhi».