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LA COMPUNZIONE DEL CUORE
Ab. Donato Ogliari osb

Già pubblicato su Il Gazzettino di Noci, anno 2016

Una delle finalità della Quaresima è quella di mantenere viva nel credente la consapevolezza che la natura umana è segnata dall’esperienza del male, esperienza che la teologia cristiana definisce col termine peccato. A tale consapevolezza, la spiritualità cristiana ha sempre associato la necessità di coltivare lo spirito di compunzione. Quest’ultima è una parola che deriva dal tardo latino appartenente all’ambito ecclesiastico (compunctio) e che, letteralmente, significa “puntura”. In senso figurato allude a un trafiggimento o afflizione interiore, la quale è spesso accompagnata da lacrime di pentimento, reali e visibili o intime.

Nei “Detti” dei Padri del deserto, il monaco Longino spiegava così la necessità della compunzione: «In principio Dio non ha creato l’uomo perché piangesse, ma perché gioisse ed esultasse, gli rendesse gloria con cuore puro e integro dal peccato, come gli angeli. Ma quando  cadde nel peccato l’uomo ebbe bisogno delle lacrime. E tutti quelli che sono caduti, ne hanno bisogno allo stesso modo. Infatti, dove non vi sono peccati, non sono necessarie neppure le lacrime».

Anche Evagrio il Pontico, uno scrittore spirituale del IV secolo, parlando della preghiera, raccomanda per prima cosa di chiedere il dono delle lacrime, allo scopo di «rammollire, con la compunzione, la durezza inerente all’anima, e, confessando la propria iniquità al Signore, ottenere da lui il perdono». A sua volta, Isacco il Siro, vissuto nel VII secolo, afferma: «Colui che conosce i propri peccati è più grande di colui che con la preghiera risuscita un morto. (…) Colui che per un’ora piange su se stesso è più grande di colui che ammaestra l’universo intero. Colui che conosce la propria debolezza è più grande di colui che vede gli angeli». E ancora: «Quando tu piangi di pentimento, i tuoi pensieri si incamminano sulla strada della vita eterna».

 

Cassiano, abate e scrittore spirituale del IV-V sec., aveva stilato un breve elenco di “stati di compunzione”, associati ai quattro generi di orazione che san Paolo raccomanda nella sua Prima Lettera a Timoteo: «Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere di intercessione e ringraziamenti per tutti gli uomini» (1Tm 2,1). Per Cassiano, dunque, la prima compunzione, quella associata alle “domande”, si esprime con lacrime «che sgorgano quando il ricordo dei peccati commessi punge come una spina il nostro cuore» e con le quali si chiede a Dio di liberarci dal male. Le “suppliche” rappresentano la compunzione che avviene negli animi forti e generosi, i quali offrono la loro afflizione in unione al sacrificio espiatorio del Cristo. Le “preghiere di intercessione” veicolano la compunzione che si traduce, appunto, in intercessione per l’umanità intera che deve fare i conti il fascino del peccato. I “ringraziamenti”, infine, simboleggiano la compunzione che si esprime attraverso la preghiera di gratitudine per i benefici ricevuti, soprattutto per la gioia di essere stati risanati e interiormente rinnovati dalla grazia divina.

A sua volta, san Gregorio Magno (540ca.-604), in un testo molto noto, distingue quattro stati d’animo che provocano la compunzione: «Quattro sono i motivi che inducono l’anima del giusto alla compunzione. Quando ricorda le proprie colpe, considerando dov’era (ubi fuit); quando teme la sentenza del giudizio di Dio, e interrogandosi pensa dove sarà (ubi erit); quando esamina seriamente i mali della vita presente e, con tristezza, considera dov’è (ubi est); quando contempla i beni della patria eterna che ancora non ha raggiunto e, piangendo, si rende conto dove non è (ubi non est)».

Lo scopo immediato della compunzione del cuore, spesso accompagnata dalle lacrime, consiste dunque nell’incoraggiare il credente ad incamminarsi senza paura sul sentiero della conversione. Quest’ultima, del resto, è e rimane parte integrante e ineludibile della ricerca di Dio, e proprio per questo non conosce battute d’arresto. Tale cammino, infatti, rimane sempre aperto su un “oltre”, su un “di più” che impedisce al cercatore di Dio di fermarsi, ma lo sospinge continuamente in avanti, in un movimento che durerà fino al giorno in cui incontrerà il Signore faccia a faccia.

Vorrei terminare con le parole di Tommaso da Kempis (1380-1471), presunto autore del famosissimo e aureo libretto L’Imitazione di Cristo: «Felice colui che riesce a liberarsi da ogni impaccio dovuto a dispersione spirituale, concentrando tutto se stesso in una perfetta compunzione. Felice colui che sa allontanare tutto ciò che può macchiare o appesantire il suo spirito. Tu devi combattere da uomo: l’abitudine si vince con l’abitudine».