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Amoris laetitia
La voce del papa e della Chiesa sulla famiglia
Ab. Donato Ogliari osb

Già pubblicato su Il Gazzettino di Noci, anno 2015

Dopo il Sinodo straordinario sulla famiglia del 2014 e quello ordinario del 2015, si era creata molta attesa circa l’Esortazione Postsinodale che papa Francesco avrebbe dovuto pubblicare sulla base dei risultati raccolti.

Come tutti i documenti papali, anche l’Esortazione Postsinodale sulla famiglia prende il nome dalle parole iniziali del testo latino: Amoris laetitia (=AL), La gioia dell’amore. Fin dall’inizio, dunque, l’amore è strettamente legato al sentimento della gioia, indicato come fondamento e finalità, nonché come cemento, della vita coniugale e familiare. È probabile, tuttavia, che, nonostante questo sfondo positivo alla luce del quale si sviluppa l’Esortazione, molti saranno dell’opinione che diverse aspettative siano rimaste disattese. Altri, al contrario, riterranno che ci si sia spinti troppo in avanti, e daranno voce al timore che qualsiasi apertura su questioni sensibili rischierebbe di scalfire la consolidata morale della Chiesa.

L’editoriale del quotidiano francese Le Monde, apparso domenica 10 e lunedì 11 aprile, era significativamente intitolato: “Le pape, ou le dogme sans dogmatisme – Il papa, ovvero il dogma senza dogmatismo”. Con queste parole l’editorialista intendeva sottolineare che, pur in linea con il credo cattolico (e non potrebbe essere diversamente!), l’Esortazione Postsinodale Amoris laetitia si apre a prospettive nuove, capaci di venire incontro alle esigenze profonde dell’uomo di oggi che, pur in balia di una fragilità alla quale egli stesso ha contribuito, rimane pur sempre destinatario della salvezza portata da Cristo Gesù. Avrebbe, dunque, papa Francesco seguito una via mediana o di compromesso al fine di non urtare ampi strati della popolazione cattolica mondiale per i quali il significato tradizionale della famiglia non va assolutamente toccato?

Di certo, papa Francesco non esita a difendere vigorosamente la visione cattolica del matrimonio, da intendersi come unione tra un uomo e una donna, un’unione che non è solo finalizzata all’apertura alla procreazione, ma che diventa anche una testimonianza contro la “cultura del provvisorio” di cui sono imbevute le società occidentali, e a motivo della quale – afferma papa Francesco – «si trasferisce alle relazioni affettive quello che accade con gli oggetti e con l’ambiente: tutto è scartabile, ciascuno usa e getta, spreca e rompe, sfrutta e spreme finché serve. E poi, addio!» (AL, 39)

Tuttavia, dopo aver ribadito la dottrina della Chiesa in materia di matrimonio e di famiglia, papa Francesco mostra ancora una volta il suo “pragmatismo”, spinto com’è dal desiderio di voler parlare anche a tutte quelle “periferie umane” troppo spesso e troppo a lungo escluse dall’orizzonte della pastorale ecclesiale. Di qui l’invito del pontefice ad usare misericordia e discernimento pastorale nei confronti di situazioni matrimoniali e familiari che non rispondono pienamente a quello che Dio ci propone (cf. AL, 6). E di qui il suo incoraggiamento a far sì che anche le fragilità delle cosiddette situazioni irregolari (convivenze, separazioni, divorzi, nuove nozze, ecc.), siano accompagnate, fatte oggetto di discernimento ed integrate il più possibile nel contesto ecclesiale, tenendo conto delle “circostanze attenuanti” (cf. AL, 301).

Alla luce dell’annuncio cristiano dell’amore che fonda la felicità dell’uomo, papa Francesco si auspica, in ogni caso, che davanti alle famiglie e in mezzo ad esse risuoni sempre e nuovamente il primo annuncio, nel quale è racchiuso ciò che è «più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario» (Evangelii gaudium, 35). L’insegnamento sul matrimonio e sulla famiglia – continua papa Francesco – «non può cessare di ispirarsi e di trasfigurarsi alla luce di questo annuncio di amore e di tenerezza, per non diventare mera difesa di una dottrina fredda e senza vita» (AL, 58.59).

A tal proposito, e fin dall’inizio dell’Esortazione, il pontefice afferma con chiarezza che occorre evitare la pericolosa contrapposizione tra un cambiamento a tutti i costi e l’applicazione astratta di norme generali. Di sicuro, per talune questioni bisognerà tener conto del “principio di inculturazione”, necessario ai fini di una corretta impostazione e comprensione dei problemi che riguardano il matrimonio e la famiglia e che – al di là delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – non possono essere “globalizzati” (cf. AL, 2.3). Per l’innumerevole varietà delle situazioni concrete non ci si deve dunque attendere dall’Esortazione Postsinodale Amoris laetitia una nuova normativa ecclesiale di tipo canonico applicabile a tutti i casi. Questo vale anche per il caso molto discusso dell’ammissione alla comunione dei divorziati risposati civilmente, e per i quali l’Esortazione non prospetta una soluzione alternativa rispetto ad una loro già auspicata integrazione e partecipazione nei diversi servizi ecclesiali.