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L’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco
Ab. Donato Ogliari osb

Già pubblicato su Il Gazzettino di Noci, anno 2015

«Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo isolato (…). Quando ci interroghiamo circa il mondo che vogliamo lasciare ci riferiamo soprattutto al suo orientamento generale, al suo senso, ai suoi valori. (…) Siamo noi i primi interessati a trasmettere un pianeta abitabile per l’umanità che verrà dopo di noi. È un dramma per noi stessi, perché ciò chiama in causa il significato del nostro passaggio su questa terra» (Laudato si’, n. 160).

Ho voluto riportare questa citazione di papa Francesco, tratta dalla sua Lettera enciclica Laudato si’, perché in essa è contenuta la chiave interpretativa dell’enciclica. Quest’ultima, infatti, non riguarda solamente le questioni ecologiche o i problemi ambientali in senso stretto, come, ad esempio, il buco nell’ozono, l’inquinamento selvaggio, il cambiamento climatico, ecc. Essa chiama in causa la visione dell’uomo e il rapporto che questi stabilisce con la natura (che i cristiani chiamano “creato”), con gli esseri che la abitano e con Dio che – sempre nella visione cristiana – è all’origine di tutto ciò che esiste. E che papa Francesco esordisca con le parole «Laudato si’, mi’ Signore», tratte dal Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi, è rivelatore del fatto che l’enciclica sia percorsa da una connotazione profondamente religiosa che, congiuntamente agli altri approcci, da quello antropologico a quello cosmico, conferisce alla stessa enciclica una visione globale e unitaria.

Dopo aver evidenziato i vari ambiti nei quali l’attuale crisi ecologica e ambientale ha lasciato le sue ferite (cap. 1), papa Francesco fa leva su alcune argomentazioni della tradizione giudeo-cristiana (Cap. 2) che egli considera importanti al fine di cogliere non solo i sintomi, ma anche le cause profonde di tale crisi. La sua radice è, infatti, di natura essenzialmente “umana”. Ne consegue l’aperta denuncia del pontefice contro la globalizzazione del «paradigma tecnocratico» e l’incondizionata fiducia riposta nella crescita del mercato, come se i problemi potessero essere risolti unicamente dalle coordinate economiche. Di fatto, pur riconoscendo l’importanza del progresso tecnico-scientifico, papa Francesco ci ricorda come il modello liberale e consumistico di sviluppo non abbia portato ad una maggiore condivisione delle risorse di base, ma abbia, al contrario, causato l’esclusione delle nazioni più povere dalla possibilità di accedervi in modo regolare, e abbia prodotto quell’inaccettabile «cultura dello scarto» che sembra pervadere le società occidentali.

Accanto al paradigma tecnocratico, poi, ad aumentare il degrado ambientale vi sono – agli occhi di papa Francesco – il relativismo pratico e il culto di un potere umano che si ritiene illimitato (Cap. 3). Ciò significa che, ancor prima che ecologico o ambientale, il degrado è umano, e le ingiustizie, le sopraffazioni e le iniquità sociali dalle quali è attraversato il mondo è lì a testimoniarlo.

La crisi ecologica o ambientale ha, dunque, la sua radice nel cuore dell’uomo. Di qui, la proposta di coltivare una «ecologia integrale» (Cap. 4), concetto, questo, sul quale non ci soffermiamo poiché vi ritorneremo nel prossimo articolo. Inoltre, per affrontare in modo efficace le problematiche e le sfide delineate, facendo prevalere un’ecologia integrale, papa Francesco propone «alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana», insistendo sull’importanza del dialogo e di un’azione di sensibilizzazione, circa le questioni ambientali, che raggiunga tutti indistintamente, dal singolo cittadino a quanti muovono le leve della politica nazionale e internazionale (Cap. 5).

L’ultimo capitolo dell’enciclica è un appello all’importanza fondamentale dell’educazione e della formazione (Cap. 6). È attraverso di esse – afferma papa Francesco – che passa una «conversione ecologica» autentica che coinvolga tutti, dalla famiglia alla scuola, dalla catechesi ai mezzi di comunicazione. Tale appello alla conversione punta su un diverso stile di vita, su un’alleanza tra uomo e ambiente che includa la ricerca di una fraternità universale e solidale, capace di intervenire nelle dinamiche sociali con la «cultura della cura» e – per i cristiani – con un approccio vitale ai sacramenti (in particolare l’Eucaristia) nei quali Dio ha assunto la corporeità della materia per salvarci anche attraverso di essa.

L’enciclica si chiude con due preghiere. La prima, intitolata Preghiera per la nostra terra, è offerta a tutti coloro che credono in un Dio creatore. La seconda, dal titolo Preghiera cristiana con il creato, si riallaccia alla tradizione propriamente cristiana e riprende l’afflato contemplativo presente nel Cantico delle creature di san Francesco d’Assisi.

Una riflessione riassuntiva: se nel duplice comandamento dell’amore a Dio e al prossimo la Chiesa ha sempre evidenziato la relazione di fondo che il credente è chiamato a stabilire, appunto, con Dio e con i fratelli, con l’enciclica Laudato si’ papa Francesco ci ricorda che vi è un terzo elemento altrettanto fondamentale e con il quale ci relazioniamo ogni giorno: la “terra”. Di qui l’urgenza di quella che il pontefice ha definito la «conversione ecologica», ossia la necessità di una profonda rivisitazione del modo con cui ci rapportiamo alla terra, nostra «casa comune». Non va dimenticato, infatti, che essa – la terra – ci è stata donata come giardino da coltivare e custodire (cf. Genesi 2,15), e non da sfruttare e violare in maniera scriteriata e insostenibile, perché essa è il luogo dove siamo chiamati a vivere nell’armonia e nella pace, tutti e tutto amando e per tutti e tutto pregando, in attesa di incontrarci un giorno, «al di là del sole (…) faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio».

Facciamo nostre, allora, le parole con cui il poeta Samuel Taylor Coleridge chiude la sua lunga Ballata del vecchio marinaio (The rime of the Ancient Mariner): «Prega bene chi ama molto / sia gli uomini, sia gli uccelli, sia gli animali. / Prega bene chi ama molto / tutte le creature, grandi e piccole, / perché il nostro caro Dio che ci ama / tutto ha creato e tutto ama».