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La forza del dialogo
Ab. Donato Ogliari osb

Già pubblicato su Il Gazzettino di Noci, giugno 2014

Ogni giorno, anche senza avvedercene, entriamo in dialogo con un qualche tu. E non solo quando parliamo materialmente con qualcuno, ma anche quando pensiamo, leggiamo, preghiamo, ascoltiamo musica, contempliamo il paesaggio o trasformiamo qualcosa attraverso il nostro lavoro. Per natura, infatti, siamo degli esseri relazionali e come tali interagiamo con tutto quello che facciamo, sia materialmente che mentalmente e spiritualmente. Questo rapporto io-tu, poi, non è mai un atto esclusivamente privato. Anche quando si verifica a livello individuale, esso si colloca sempre in un più ampio contesto, quello collettivo del noi-voi: la famiglia, la scuola, l’associazione, il partito, l’impresa, la chiesa, la città, la regione, l’entità nazionale o soprannazionale.

Come l’esperienza ci insegna, le relazioni circoscritte alla nostra quotidianità riposano generalmente su un denominatore comune: la lingua, il dialetto e tutto quell’insieme di simboli culturali autoctoni e a forte impronta identitaria nei quali anche la religione esercita un suo influsso. Tali relazioni sono esse stesse portatrici di senso e sono alla base di un modo di concepire e vivere l’esistenza, anche se oggi assistiamo ad un graduale smantellamento di alcuni meccanismi valoriali e simbolici che in passato rappresentavano un quadro sicuro di appartenenza e facevano da collante ai rapporti sociali delle nostre comunità civili e religiose.

Uno dei motivi di questo sgretolamento va indubbiamente ricercato nella tendenza relativistica e iperindividualistica oggi imperante nelle nostre società occidentali, e che occorre in qualche modo arginare. Di qui l’urgenza di riportare il dialogo – inteso come reciproca comunicazione del senso profondo della vita, del mondo e dell’umanità – al centro delle relazioni interpersonali e di gruppo. Solo un’interazione di questo genere può produrre una crescita umana e spirituale con ricadute benefiche sulla società. E solo in tal modo sarà possibile evitare che la convivenza umana si trasformi in una pluralità caotica, in una moderna “torre di Babele”. Di fatto, quando è privata di riferimenti collettivi di senso (che non siano i soli indicatori economici!) anche l’individualità perde il suo carico positivo e finisce con l’avvitarsi su se stessa trasformandosi in individualismo, ossia in ego-ismo infecondo e mortifero. E allora non c’è da meravigliarsi se la ragione se la piglia chi grida più forte, se si impone chi fa dello sfruttamento altrui e del latrocinio uno stile di vita, se la menzogna viene spacciata per verità, se l’arrembaggio carrieristico diventa la normalità, se la condivisione e la solidarietà sono sempre più confinate ai margini del consorzio umano, se i meno fortunati vengono considerati – come dice papa Francesco – lo scarto della società.

Il dialogo mantiene aperta la comunicazione e con essa la ricerca del bene comune. Perciò, una volta convinti dell’importanza di salvaguardare le ragioni del dialogo quale mezzo per costruire una convivenza pacifica, non dobbiamo temerlo né ostacolarlo, neppure quando il confronto dovesse rivelarsi serrato. Al riguardo, non dimentichiamo che l’etimologia del termine “dialogo” – che significa “attraversamento di un discorso (dìa–lógos)” – include la possibilità che a incrociarsi siano anche posizioni di matrice diversa e antitetica. Quel che importa è che, anche in tal caso, alla base del confronto non venga mai meno il reciproco rispetto, sia che il dialogo abbia luogo all’interno di un contesto familiare e informale sia che esso si verifichi in un ambiente istituzionale e cerimoniale. Ovunque e in ogni circostanza, la sua bellezza e la sua forza consistono proprio nell’accettare che la verità sia ricercata insieme, non per secondi fini o interessi personali, ma per il bene-essere di tutti.

 

Anche nella Chiesa – fatti salvi i fondamentali della fede cristiana e tutto quel patrimonio vivente di spiritualità, di sapere, di umanizzazione e di carità accumulato lungo i secoli – i credenti sono esortati a mantenere vivo e operante il bene prezioso del dialogo. Con questo plusvalore: la consapevolezza che la sua fecondità dipende dalla capacità di mettersi in discussione alla luce del Vangelo di Cristo e ripartendo sempre da Lui, centro vitale nel quale ogni contrapposizione viene superata e ricomposta nell’unità dell’amore e nel vincolo della pace.

Già san Paolo, agli inizi del cristianesimo, stigmatizzava l’esperienza di un’unità minacciata da prese di posizione personalistiche: “Mi è stato segnalato (…) che tra voi vi sono discordie. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «Io invece di Cefa», «E io di Cristo»” (1ª Lettera ai Corinzi 1,11-12). È la tentazione sempre ricorrente di “lottizzare” la fede identificandola con una persona o un’istituzione o un movimento, anziché con “la” Persona nella quale trova la sua ragion d’essere: Cristo. Tentazione che, in fondo, si configura come ricerca di quel che meglio corrisponde al proprio sentire, alle proprie convinzioni e alle proprie inclinazioni, prescindendo da una loro armonizzazione con il cammino di fede ecclesiale.

Al contrario, i cristiani sono uomini e donne che – proprio perché radicati in Cristo – si impegnano a costruire ponti e non ad erigere barriere, a intessere rapporti di comunione che scuotano e vincano ogni prepotenza, divisione, maldicenza. Di conseguenza, essi riconoscono che gli altri non sono il confine che limita o chiude il loro spazio, non sono l’inferno – come asseriva il filosofo francese J. P. Sartre (L’enfer c’est les autres!) –, ma un elemento indispensabile della propria autocoscienza spirituale. I cristiani credono fermamente che tutti gli esseri umani sono chiamati alla fratellanza perché tutti sono figli e figlie dello stesso Padre! In quest’ottica, gli altri sono un’occasione di incontro, una sana provocazione ad offrire ciò che in noi, nella logica del Vangelo, vi è di più prezioso: il dono di noi stessi, dono che trova nel dialogo un suo presupposto e un suo prezioso strumento.

Naturalmente, dentro tutto questo, vi è per il cristiano una forma di dialogo del tutto peculiare e che soggiace ad ogni relazione io-tu/noi-voi dando loro la forza della verità: è il dialogo con Dio. Ma ciò merita un trattamento a parte.