Avvento e attesa
Ab. Donato Ogliari osb
Già pubblicato su Il Gazzettino di Noci, anno 2014
“Avvento” – dal latino “adventus”, venuta – è il nome del tempo liturgico che precede il Natale. Esso indica la duplice venuta di Gesù: quella compiutasi con la sua incarnazione duemila anni fa, e quella del suo ritorno glorioso che avverrà alla fine dei tempi. Naturalmente, parlare di “venuta” significa anche parlare di “attesa”, dal momento che le due dimensioni sono generalmente correlate.
La gamma delle situazioni nelle quali facciamo l’esperienza dell’attesa è molto ampia. Vi sono circostanze quotidiane, come l’attendere che i figli rientrino dalla scuola o al lavoro e che il pasto sia pronto per mettersi a tavola, che l’autobus sia puntuale, che l’imbottigliamento del traffico si risolva quanto prima, che arrivi il proprio turno in un ufficio pubblico, che il PC termini di scaricare il file desiderato, che il fidanzato giunga puntuale all’appuntamento fissato o – per metterla più sul personale – che la “vecchia cariatide” che scrive al mio fianco su questa stessa pagina soddisfi la promessa di venirmi a trovare… Accanto a queste situazioni, diciamo così, ordinarie e prosaiche, ve ne sono naturalmente di più complesse e difficili, come l’attesa di un referto medico che potrebbe decidere del futuro della propria vita, o l’attesa che si risolva un’incomprensione, un disaccordo, una lite che ha provocato dissapori e amarezza con qualche familiare o amico. D’altra parte vi sono anche attese cariche di positività, come quella di una mamma “in attesa” che fa il conto alla rovescia, o quelle riguardanti un’annunciata promozione in campo lavorativo o un traguardo accademico. A seconda del loro tenore, ognuna di queste attese può essere vissuta con serena pazienza o con malcelata sopportazione o presi dall’impressione che il tempo non passi mai.
In ogni caso, qualunque sia il tenore dell’attesa, essa raggiunge sempre un segmento della nostra vita. Proprio per questo, il credente crede fermamente che in ciascuna di esse – indipendentemente dalla loro natura – Dio sia al nostro fianco. In fondo risiede qui il senso profondo dell’Avvento, il motivo per cui continuiamo a celebrare l’attesa del Salvatore, Cristo Gesù, nel fatto cioè che Egli – il Signore del tempo e della storia – continua a riempire di Sé anche la nostra piccola o grande quotidianità.
Se così non fosse – se cioè non sentissimo la presenza salvifica di Dio accanto a noi in tutto quello che avviene – ogni attesa risulterebbe un segmento vuoto e insulso. Così, ad esempio, la pensa il drammaturgo Samuel Beckett, cantore del nulla e dell’assurdo della vita, il quale, nella sua opera teatrale Aspettando Godot, allude all’inutile attesa di un Dio Salvatore – “God-ot” appunto – nella trama della propria esistenza. Di fatto, i due protagonisti Vladimiro ed Estragone attendono la venuta del signor Godot in un quadro beffardamente tragico e assurdo, dove il tempo, immobile e pietrificato, è ermeticamente chiuso ad una qualsiasi salvezza proveniente dall’esterno. Così, ogni qualvolta essi si dicono l’un l’altro: “Andiamo?”, rispondendo: “Sì, andiamo”, in realtà non muovono un passo e rimangono inchiodati al suolo in un’attesa senza tempo e senza senso.
L’attesa del cristiano, al contrario, è sostenuta dalla fiduciosa certezza che il Signore viene sempre ed è continuamente all’opera nella nostra vita fino a che “si compia la beata speranza”, fino a che, cioè, Egli ritorni nell’ultimo giorno. È questa precisazione che rende autentica l’attesa del credente. Nello scorgere e decifrare i segni di Dio nelle realtà di quaggiù, egli si apre nello stesso tempo alla dimensione ultra-mondana e divina. È proprio questa capacità di guardare “oltre” a far sì che il nostro cuore non si senta mai appagato da alcun paradiso terreno, o presunto tale, e continui a protendersi in avanti, verso il futuro di Dio. Lì, e lì solamente, nel suo Regno di Vita infinita, che abbraccia il passato, il presente e il futuro, le nostre piccole vite possono trovare un ancoraggio che permetta ad esse di attingere ogni giorno daccapo l’intimo senso che le sostiene.
Su questa trama procede, cresce e si sviluppa anche il nostro cammino di fede, in un susseguirsi di attese e di compimenti nei quali trova consistenza la nostra quotidiana ricerca di Dio. È infatti in entrambi questi ambiti – quello della nostra vita che si dipana nel tempo e nello spazio, e quello della nostra fede che l’accompagna – che siamo chiamati a vivere ogni giorno un’attesa dinamica e operosa che, in qualche modo, ci fa già pregustare il compimento verso il quale essa ci proietta. Anche se questo non avviene in maniera meccanicistica, ma sotto la luce e la guida della nostra libertà, corroborata dalla ragione, illuminata dalla fede e sostenuta dalla grazia. Così, l’Avvento, che ci fa protendere lo sguardo oltre il tempo, nell’attesa della venuta finale del Cristo, è lo stesso Avvento che ci invita ad attendere e ad accogliere, con gli occhi del cuore e della mente ben spalancati, il Cristo che continua a incarnarsi nelle nostre storie personali, familiari e comunitarie; il Cristo che, senza sosta, viene incontro alle nostre miserie, alle nostre inadempienze e alle nostre infedeltà allo scopo di incoraggiarci a camminare ogni giorno nella luce gioiosa del suo Amore che dà pace e salvezza.
Al di là di tutte le preoccupazioni e i problemi che ci assillano nell’attuale contesto segnato da mutazioni profonde e per certi versi drammatiche, l’Avvento ci sprona a rinsaldare la nostra speranza, a non farcela rubare – come direbbe papa Francesco – e ad accogliere con fede il “domani” che Dio vuole realizzare con noi, portando a compimento le attese più vere e profonde e rendendo sempre più vigile e forte l’attenzione reciproca e la solidarietà fraterna. Come credenti, non esitiamo a spalancare i nostri cuori, le nostre menti e le nostre azioni al soffio irruente e dolce della Vita di Dio, e gridiamogli con tutte le nostre forze: “Marana-tha! Vieni, Signore Gesù!”.