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LA CIVETTA E LA COLOMBA
Ab. Donato Ogliari osb

Già pubblicato su Il Gazzettino di Noci, anno 2015

Negli ultimi decenni, a causa del grave inquinamento ambientale, l’ecosistema ha subito alterazioni che hanno influito negativamente su ogni forma di vita. Questo è senz’altro uno dei motivi per cui oggi è difficile – soprattutto per chi non abita in zone rurali o adiacenti alla campagna – avvistare animali che un tempo si potevano scorgere con più facilità. Uno di essi è la civetta, un rapace notturno e solitario dal volo felpato e dal verso acuto e squillante. La sua rarefatta presenza ha senz’altro contribuito a far scemare anche la lugubre reputazione che da secoli l’accompagna. Nell’antichità, infatti, essa era considerata un uccello di malaugurio, soprattutto perché nell’immaginario collettivo era ritenuta una messaggera di morte. Il poeta latino Virgilio, ad esempio, riferisce che la fantasia popolare ritenesse che la civetta (bubo) si posasse sulle case degli agonizzanti per annunciarne l’imminente fine.

Questa cupa reputazione – alla quale si aggiunge una presunta associazione col malocchio – ha fatto sì che la civetta non riscontrasse simpatie neppure in ambito cristiano. Solo col passare del tempo, e sulla base di reminiscenze pagane che vedevano in essa il simbolo di Pallade Atena, dea della sapienza e delle scienze, la civetta riuscirà a guadagnarsi un posto di tutto rispetto anche nella simbolica cristiana. Così, ad esempio, il fatto che la civetta sia un animale notturno cominciò ad essere interpretato come simbolo della saggezza solitaria e contemplativa del credente che cerca di penetrare il mistero di Dio, oppure del credente che è chiamato ad attraversare con coraggio e fiducia le prove oscure che insidiano la sua vita, perseverando alla luce della fede e cantando la speranza anche là dove la vita sembra essere imbavagliata o soffocata da situazioni difficili e a volte crudeli ed ebbre di morte.

 

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La colomba, d’altro canto, si presenta subito con una simbologia ricca e positiva. Nell’Antico Testamento essa è il simbolo della pace (fu proprio una colomba, dopo il diluvio, a portare a Noè un ramo verde di olivo: cf. Genesi 8,10–12), della bellezza (cf. Cantico dei Cantici 1,15) e della prontezza (cf. Salmo 55,7). Nei Vangeli è il simbolo della semplicità (cf. Matteo 10,16) e soprattutto dello Spirito Santo. Come non riandare col pensiero al battesimo di Gesù nel Giordano, quando lo Spirito di Dio scende sopra di lui in forma di colomba (cf. Matteo 3,16)?

A partire da questa scena evangelica, l’identificazione colomba-Spirito Santo è diventata parte integrante della simbologia cristiana, e l’utilizzo fattone nelle arti visive è stato molto ampio; basti pensare alla rappresentazione della Pentecoste, nella quale lo Spirito Santo è raffigurato come una colomba che si libra sul capo degli apostoli e di Maria Vergine riuniti nel cenacolo. Nell’iconografia cristiana, poi, ci si imbatte in santi (si pensi, ad esempio, a san Gregorio Magno) raffigurati con una colomba accanto all’orecchio, simbolo dell’ispirazione e dell’illuminazione provenienti dallo Spirito Santo. Per Origene (uno scrittore cristiano del III secolo), gli occhi dell’ “uomo illuminato” sono paragonabili a quelli della colomba, simbolo dello Spirito.

San Paolo pone a più riprese l’accento sul ruolo fondamentale che lo Spirito Santo esercita nella vita del cristiano e della Chiesa (cf. Romani 8,9.14). Essere in Cristo ed essere nello Spirito sono per l’Apostolo due affermazioni di contenuto sostanzialmente identico. È lo Spirito Santo, infatti, che ci immette nella comunione trinitaria attraverso la sequela del Cristo, volto del Padre. È lo Spirito Santo che, nell’elargire i suoi doni, edifica la Chiesa e l’arricchisce di innumerevoli doni e carismi. Ed è ancora lo Spirito Santo che contrassegna il cristiano con la vera libertà, quella che si configura come apertura a Dio e ai fratelli nell’amore (cf. Galati 5,13), quell’amore che è riversato dallo stesso Spirito nel cuore dei fedeli (cf. Romani 5,5) e che diviene la norma e la forza propulsiva dell’esistenza cristiana. Lo Spirito Santo – come afferma sant’Agostino – rappresenta per il credente «la forza dell’amore, il movimento verso l’alto che si oppone alla forza di gravità che tende verso il basso».

La civetta e la colomba, dunque. Due simboli diversi, ma che si integrano a vicenda. Mentre l’uno richiama la saggezza lungimirante e perseverante, anche nelle prove, l’altro allude alla sapienza che proviene dallo Spirito e che illumina e pacifica il cuore dell’uomo. Entrambe la civetta e la colomba sono simbolo di un percorso di vita che ogni credente e ogni uomo di buona volontà dovrebbe far suo, ma in questo periodo dell’anno penso soprattutto a chi è coinvolto nella delicata missione educativa e a tutti quei ragazzi e ragazze, giovani e giovani che si stanno formando nelle scuole di ogni ordine e grado. Senza dubbio, un po’ di “civetta” e un po’ di “colomba” aiuterebbe docenti e alunni a trasformare anche l’insegnamento e l’apprendimento nozionistico in una “scuola di vita”. Al di là dell’enfasi che spesso l’accompagna, la massima: «Non scholae, sed vitae discimus», mantiene tutto il suo valore.