Statio quaresimale mercoledì IV Settimana di Quaresima
Le “Stazioni quaresimali” a Roma sono un’antica tradizione liturgica che risale ai primi secoli del cristianesimo. Esse sono collegate alla pratica di celebrare l’Eucaristia, in particolare durante la Quaresima, in una chiesa della città appositamente designata, nella quale si riunivano i fedeli e il clero, guidati dal papa o da un suo rappresentante. Di fatto il termine statio (dal latino stare, fermarsi) indica il raduno della comunità cristiana in un determinato luogo per la celebrazione eucaristica e le altre pratiche penitenziali.
Questa consuetudine conobbe una grande popolarità sotto i papi dei primi secoli, tra cui Gregorio Magno (590-604), il quale formalizzò l’elenco delle “chiese stazionali” presso le quali ogni giorno, ad eccezione della domenica, ci sarebbe stata la statio. Dopo il Medioevo, la pratica delle “Stazioni quaresimali” cominciò a declinare, e fu ripresa nel XX secolo grazie all’interesse di alcuni papi e della comunità cattolica. Oggi la pratica è ancora seguita, specialmente tra i pellegrini e le Confraternite romane.
Le chiese romane scelte per le “Stazioni quaresimali”, generalmente legate a un martire o a una reliquia importante che lì si conserva, sono tra le più antiche e significative della Città, come, ad esempio: la Basilica di Santa Sabina (Mercoledì delle Ceneri), la Basilica di San Giovanni in Laterano (Prima Domenica di Quaresima), la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme (Venerdì Santo). Nella Basilica di San Paolo fuori le Mura – dove si venerano i resti del grande Apostolo delle Genti – la “Stazione quaresimale” è celebrata il mercoledì della IV Settimana di Quaresima. Per l’occasione viene ostesa e portata in processione la reliquia della Santa Croce, con la quale, al termine della S. Messa, il celebrante benedice l’assemblea.
Lo scopo delle “Stazioni quaresimali” è quello di aiutare i fedeli a vivere la Quaresima con uno spirito di pellegrinaggio, di conversione e di partecipazione alla passione di Cristo. Inoltre, il visitare le diverse chiese di Roma permette di riscoprire la storia del cristianesimo – così come esso si è sviluppato in questa città – e di rafforzare la propria fede attraverso la preghiera e la penitenza.

MERCOLEDÌ della IV SETTIMANA di QUARESIMA Gv 5,17-30
Gli avversari di Gesù lo accusano di trasgredire il riposo sabbatico (v. il brano vangelo del malato guarito presso la piscina di Betzatà: Gv 5,1-16) e di farsi uguale a Dio. A tale accusa Gesù risponde dicendo: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco».
Per essere compresa correttamente questa affermazione va letta alla luce della distinzione operata dai rabbini circa il lavoro compiuto da Dio nei primi sei giorni della creazione – seguito dal riposo nel settimo giorno, il sabato – e l’azione della sua Provvidenza e del suo giudizio sul mondo, che invece non conoscono soste. Dio, infatti, anche dopo la creazione continua a stare vicino agli uomini e a sostenerli. È un Dio che si preoccupa della storia umana, sospinto dal desiderio di raggiungerla con la sua presenza salvifica, presenza che non conosce sosta alcuna. Guarendo di sabato, Gesù associa strettamente la sua azione a quella del Padre, che non si interrompe neppure di sabato.
L’affermazione di Gesù: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco», suonava come una pretesa talmente inaudita agli orecchi dei giudei, da non far loro tenere in considerazione la guarigione miracolosa del paralitico avvenuta presso la piscina nei Betzatà ad opera di Gesù. Ribellandosi alla pretesa di quest’ultimo di equipararsi a Dio e di presentarsi come sua trasparenza, i giudei insistono sulla sua violazione del sabato, violazione meritevole di condanna. I giudei, dunque, per i quali era incomprensibile l’equiparazione a Dio che Gesù faceva di sé, che cioè una creatura umana si dicesse divina, antepongono i loro ragionamenti umani all’evidenza dei prodigi che Gesù compiva.
È tuttavia importante specificare la qualità della relazione che Gesù intratteneva con il Padre suo. Gesù stesso ci fa capire che si tratta di un dono, e che la grandezza di cui egli gode non se l’è procurata da solo, ma l’ha ricevuta dal Padre: «Il Figlio da sé stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo» (v. 19).
La pretesa di Gesù di essere trasparenza del Padre non è il frutto di una conquista personale, ma è segno della sua totale dipendenza dal Padre. Gesù può dirsi ed essere trasparenza del Padre perché tutto nella sua persona e nella sua attività rinvia a Lui. La struttura portante di Gesù consiste proprio nella sua perfetta obbedienza al Padre e al suo volere. Quest’ultima è la struttura portante della sua persona, come egli stesso dirà: «Non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (v. 30).
È in questa intima relazione tra Gesù e il Padre che si gioca il nostro destino. Poiché Gesù è portatore di una rivelazione decisiva, l’ascolto della sua parola e l’adesione a lui si riveleranno per noi fonte di vita e ci renderanno figli della luce, mentre il rifiuto ci trasformerà in figli delle tenebre.
Infine, è molto interessante il fatto che Gesù dica di cercare la volontà del Padre che lo ha mandato e non la sua propria volontà. È questa sua “ricerca” che, sulle prime, può sorprenderci. Ci verrebbe, infatti, da dire che il Figlio dovrebbe già conoscere la volontà del Padre, senza bisogno di cercarla. In realtà è come se Gesù volesse farci comprendere che obbedire al Padre richiede un continuo rivolgersi a Lui, perché la sua volontà va cercata attraverso un processo di umile discernimento, nelle diverse situazioni della vita. Gesù ci insegna che la volontà del Padre non è qualcosa di astratto. Al contrario, essa va cercata e colta nella nostra quotidianità, all’interno delle concrete situazioni della vita che attraversiamo, con l’ausilio e la luce della sua Parola di verità.
È sintomatico, poi, che qui, per Gesù, la ricerca della volontà del Padre avvenga all’interno di un’altra ricerca, quella dei giudei che cercano Gesù per arrestarlo e metterlo a morte perché viola il sabato e si fa eguale a Dio. Gesù cerca e sceglie di seguire la volontà del Padre anche in questo frangente difficile in cui i giudei gli si oppongono aspramente. E colpisce il fatto che la ricerca della volontà di Dio da parte di questi ultimi – che pensano di onorarlo osservando scrupolosamente la legge – può rivelarsi una falsa ricerca, dove Dio non c’entra poco o per nulla!